Torre del Greco. «Una telefonata ti cambia la vita», recitava uno spot pubblicitario degli anni Novanta. Uno spot a cui avrà certamente pensato Ciro Borriello, scorrendo le motivazioni del processo-bis per lo scandalo abusivopoli all’ombra del Vesuvio. Perché alla base della condanna a un anno di reclusione decisa dai giudici della seconda sezione della corte d’Appello di Napoli – presidente Patrizia Mirra – non ci sono prove certe, bensì solo una chiacchierata tra due agenti di polizia municipale: 37 secondi di conversazione in cui Errico Sorrentino – il capo della cricca di vigili urbani pronti a chiudere un occhio sugli abusi edilizi realizzati a Torre del Greco in cambio di mazzette e regali – si vanta con il collega Giuseppe Mazzella di «avere fatto il piacere» al sindaco e a Nicola Donadio, attuale consigliere comunale del Nuovo Centrodestra. Ovvero, avere fatto sparire il verbale di contestazione al proprietario della boutique Bruno di via Roma per i lavori alle vetrine del negozio di abbigliamento.
Ecco le motivazioni
A sei mesi dal verdetto con cui è stata cancellata l’assoluzione dall’accusa di soppressione di atti veri – sia al sindaco sia a Nicola Donadio è stato inflitto un anno di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena – sono state pubblicate le motivazioni della sentenza. In particolare, sono otto le pagine dedicate all’ex deputato di Forza Italia e alla “vicenda Bruno”. Pagine destinate a essere impugnate dalle difese degli imputati e a trascinare lo scandalo abusivopoli davanti alla suprema corte di Cassazione. Perché non sembrano sciogliere tutti i ragionevoli dubbi legati al verbale-fantasma elevato dal capo della cricca Errico Sorrentino al titolare della boutique Bruno di via Roma e poi misteriosamente sparito nel nulla. Un verbale di cui, in verità, nessuno in sette anni è riuscito a dimostrare l’esistenza. A partire dallo stesso Fulvio Cuccurullo – presente al momento dei controlli degli agenti di polizia municipale – pronto a ripetere sempre di avere ricevuto un imprecisato “foglio” poi consegnato al tecnico di fiducia Enrico Bianco, il tecnico comunale accorso in via Roma per assistere il suo cliente. «Fulvio Cuccurullo è risultato un soggetto palesemente a digiuno di nozioni normative in materia – scrivono i giudici della seconda sezione della corte d’Appello di Napoli – e, in assenza della sorella, si trovò a gestire una situazione di cui verosimilmente non comprese neanche la reale portata». Giudicate, invece, scarsamente indicative le versioni dei fatti fornite dai testimoni della vicenda perché non utili a «ricostruire con certezza i fatti».
La conversazione tra vigili
Viene ritenuta, al contrario, attendibile una conversazione intercettata tra lo stesso Errico Sorrentino e il vigile urbano Giuseppe Mazzella in cui l’ex cerimoniere dell’ente di palazzo Baronale si vanta di «avere fatto il piacere» al sindaco Ciro Borriello. Un colloquio di soli 37 secondi, giudicato “decisivo” per provare la colpevolezza dell’ex deputato di Forza Italia a dispetto delle successive ammissioni dello stesso Errico Sorrentino di avere voluto amplificare la vicenda per apparite importante agli occhi del collega. Insomma, una “smargiassata” ritenuta più credibile delle testimonianza raccolte durante le indagini. E costata al sindaco Ciro Borriello una condanna a un anno di reclusione, senza l’effettiva prova dell’esistenza del verbale. Un verbale che, come ammette lo stesso capo della cricca al termine della conversazione incriminata, era stato elevato a titolo pretestuoso e senza una reale irregolarità.
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