L’affare marijuana perde le maggiori postazioni di spaccio a Gragnano, smantellate nei diversi quartieri dove l’attività illegale era ben radicata. E ben rifornita direttamente dai serbatoi dei Monti Lattari dove la produzione riuscita a coprire la richiesta non solo a livello regionale ma anche fuori confini. A dare la maggiore mazzata al business dei clan di zona l’operazione Tabula Rasa che lo scorso hanno distrusse centinaia di chilogrammi di marijuana, unitamente alle piantagioni posizionate su buona parte dei boschi, soprattutto nelle aree demaniali. Marijuana, cosiddetta “montagnone o paesana” che è iniziata a scarseggiare e che ha richiesto un nuovo asse in Albania, per non perdere le piazze messe su negli anni e rifornire i quartier generali maggiori affidati ai pusher più esperti. Un lavoro “tramandato” negli ultimi mesi anche agli insospettabili, ma per quantitativi minimi. L’attività più remunerativa e da tenere sotto stretto controllo è, invece, affidata ai fedelissimi delle organizzazioni criminali. E dallo scorso anno, dopo aver cancellato le coltivazioni di cannabis indica su gran parte dei Monti Lattari, gli uomini in divisa si sono concentrati su un’altra parte della filiera della droga: lo spaccio. E le manette sono scattate ai polsi di oltre 10 spacciatori esperti, quelli a cui i clan affidano la vendita all’ingrosso prima e al dettaglio poi. Anche il sistema della vendita ha subito un cambiamento, se fino allo scorso anno lo spaccio occupava parte di vicoli e stradine considerate zone d’ombra, il tutto si è poi spostato direttamente nelle case, nei box auto e nelle cantine.
Fu il figlio 25enne di un ras di Gragnano (considerato ancora oggi “il padrino”) che, proprio nella centrale piazza Aubry fu scoperto dai carabinieri mentre cedeva delle dosi di marijuana a un assuntore. Un’attività illegale che si stava radicando nella piazza del mercato settimanale dove “in ogni angolo erano appostate le vedette. Alla vista delle forze dell’ordine sospendevano la compravendita”. Un droga-shop che tendeva ad allargarsi e ben protetto ma che ebbe vita breve a seguito del blitz dei militari dell’Arma. Dopo il rampollo figlio di uno dei ras gragnanesi, vicino al clan Di Martino, fu la volta del coetaneo che a Caprile aveva reinventato la piazza, trasformandola in un grande market di droga. Da poco ritornato il libertà operava a pochi metri dalla chiesa, dove attendeva i clienti. E la “merce” del pusher era ricercata visto il continuo squillare del telefonino che anche durante l’arresto del giovane, non smise di suonare. Durante l’arresto lo spacciatore esperto tentò di disfarsi della droga gettandola in un dirupo tra il ponte e l’edificio religioso, della frazione di Caprile ma fu recuperata dai carabinieri. Nonostante l’astuta “manovra”, non riuscì a nascondere repentinamente un coltello e alcune banconote di diverso taglio che gli furono ritrovati addosso. L’arma bianca serviva al pusher per dividere le dosi di marijuana, secondo le richieste degli assuntori. A dare man forte al pusher l’intera famiglia coinvolta nella compravendita dell’“erba” che, non solo a Gragnano e nella zona collinare, si era estesa anche in Puglia. Arrestato due volte nello stesso mese quello che fu soprannominato il pusher hi-tech. A lui era stata affidata la piazza di spaccio di via Quarantola, supervisionata da un clan della zona. Il 26enne ingegnoso vendeva solo su ordinazione. Munito di un telefonino, rigorosamente senza scheda per non essere rintracciato, si collegava al wi-fi delle vicine scuole di via Quarantola. La droga e gli attrezzi per il confezionamento delle dosi furono ritrovati nelle aiuole. I controlli anti-spaccio potarono allo smantellamento dei droga-shop di via Roma, tra le palazzine di Sigliano, via Visitazione al confine con Santa Maria la Carità, via Lamma. Presi in casa, invece, i fratelli Giordano che a fine settembre 2017 sono stati raggiunti direttamente a domicilio dai carabinieri. I due gestivano lo spaccio in prossimità di piazzale Amendola. Frettolosamente avevano provato a liberarsi delle dosi di marijuana gettandole nel water e sedendosi sopra, per poi scaricare. La “trovata” non ha funzionato e i due fratelli sono finiti nei guai. Stessa sorte per Filippo Veneruso, originario di Lettere, ma spacciatore di professione in via Veneto a Gragnano. Il 31enne, che ha patteggiato a 11 mesi la pena, aveva deciso di operare indisturbato in un box auto. Nelle intercapedini nascondeva le dosi di marijuana da consegnare ai clienti che raggiungevano il pusher nel garage, a pochi metri dal Comune di Gragnano e dagli uffici del Giudice di Pace. Ma se l’affare marijuana è esteso a più piazze di spaccio, resta del tutto “esclusivo” il business della cocaina e del crack. Una piazza di spaccia per ogni Comune dei Monti Lattari. Maggiormente elevato il prezzo di una dose di cocaina, pari a 0.2 grammi, che viene venduta circa 60 euro rispetto a quella di marijuana, di 0.5 grammi, dal costo di appena 10 euro. Nel mezzo si posiziona il crack: 0.5 grammi costano all’assuntore circa 30 euro. E la differenza viene fatta proprio tra quella che è considerata la droga dei vip, visto i costi elevati, rispetto alla cannabis indica. Nella cantina a disposizione di Gerardo Vicedomini e del socio in affari Carmine D’Auria, nella via centrale di Casola, era possibile acquistare diversi tipi di droga. Dalla marijuana, alla cocaina fino al crack. I pusher per i clienti più esigenti, dopo il rito direttissimo, sono finiti ai domiciliari.