Ciro Gaudino e Gaetano Vassallo hanno poco in comune. Il primo è stato un killer spietato che uccideva per salvare l’onore del clan Ascione-Papale di Ercolano. Il secondo era un boss in giacca e cravatta che esportava nel mondo il brand del clan dei Casalesi. Due poli opposti, due facce di una camorra che uccide sia con i soldi che con le pistole. Eppure qualcosa in comune, questi due ex camorristi pentiti, c’è. Pennarello rosso e cartina geografica alla mano, Gaudino e Vassallo hanno ricostruito insieme uno dei più terribili disastri della storia recente. Tracciando la mappa della Terra dei Fuochi del Vesuvio, la distesa di rifiuti tossici interrati sepolta nel ventre del vulcano.
«Dottò se volete trovare la monnezza della camorra dovete scavare qua», le parole ripetute ai magistrati dall’Antimafia dai due collaboratori di giustizia. Parole che hanno trasformato in realtà una leggenda metropolitana, estendendo i confini dello scempio dalla provincia di Caserta – regno dei Casalesi – fino alle porte di Napoli.
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