La pistola sempre carica nella fodera della giacca, la bella vita, le partite a poker e gli omicidi, tanti, prima di finire in carcere e poi “arrendersi alla giustizia”. Decidere di vuotare il sacco e dare una mano ai quei giudici che, da soli, non sarebbero mai stati in grado di ricostruire intrecci ed equilibri di una guerra sanguinaria all’ombra della ‘Madunina’ negli anni caldi della faida tra ‘ndrine e camorra nella Lombardia capitale italiana dello spaccio di sostanze stupefacenti. C’è voluto «Tonino il napoletano», al secolo Antonio Schettini, per ricostruire gran parte delle vicende consumatesi lungo le strade di Milano e provincia agli inizi degli anni ’90. E ora, dopo quasi 25 anni passati tra carcere – molti dei quali sotto regime di carcere duro – e arresti domiciliari (merito anche delle testimonianze rese da collaboratore di giustizia), anche per lui è arrivato il momento di poter sentire la brezza di una libertà attesa dal 1992, quando fu ammanettato. La stessa che aveva provato a strappare quando scappò dal domicilio protetto che aveva in quel di Pisa, stanco di firmare carte e stare sotto controllo nel 2001. A 16 anni dal nuovo arresto, dopo 4 anni passati ai domiciliari, Schettini tornerà libero a inizio 2018. Libero di girare per Suisio, neanche 4mila anime a 20 chilometri dal centro di Bergamo, dove si è ritirato a vita privata dopo una carriera sanguinaria. Un killer eccellente, che grazie ai colpi di pistola fu capace di dettare legge in Lombardia, di guadagnare miliardi di lire e conquistare la fiducia dei boss più potenti. Confessò 59 omicidi, 37 eseguiti, gli altri ordinati o organizzati per mantenere il controllo sul business droga nel milanese.
CRONACA
6 novembre 2017
Massacrò il figlio di Cutolo, torna libero il killer dei Fabbrocino