A un passo dal baratro calcistico (oltre al danno di immagine e passione, su una partecipazione o meno degli azzurri al mondiale di Russia, il piu’ ricco di sempre, ballano 100 milioni di euro) l’Italia riscopre l’antica abitudine della ricerca di un colpevole. Che poi, nel caso le cose precipitino definitivamente, diventi capro espiatorio. Fermo restando che con un commissario tecnico della nazionale vicina all’eliminazione dal mondiale il meccanismo e’ automatico, la considerazione piu’ onesta e’ che a essere in crisi d’identita’ e’ un movimento intero e non solo un uomo di professione ct. Il quale pero’ in questi mesi ha sbagliato molto, aiutato a prendere la china sbagliata dai suoi giocatori. Ecco un breviario dei principali errori dell’uno e degli altri: con l’auspicio dei tifosi azzurri che 48 ore bastino a correggerli.
GLI ERRORI DI VENTURA IL MODULO
Partito col 3-5-2, eredita’ azzurra di Conte ma anche modulo di elezione dell’attuale ct ai tempi del Torino, ha poi virato su uno spregiudicato 4-2-4 che ha tolto certezze a diversi azzurri: probabile non ci fosse il tempo per trovarle, ma allora risulta ancora piu’ paradossale vedere Insigne giocare da esterno per poi ritrovarlo a fare il terzino, come accaduto a Madrid. Dopo il pari con la Macedonia e’ stata la squadra a chiedere un ritorno all’antico: segnale di un’identita’ smarrita, un brancolare nel buio che ricorda in qualche modo il secondo biennio dell’era Prandelli, quello che porto’ l’Italia al nefasto epilogo del Mondiale brasiliano.
LA CAPACITA’ DI SCELTA DEI SINGOLI
Insigne e’ l’emblema, cosi’ diverso il rendimento tra Napoli e Italia da indurre al sorriso anche lui (“in azzurro viene mio fratello, e’ vero?”) . E c’e’ altro: contro la Spagna lui sembra mandato allo sbaraglio, ma in campo va anche Spinazzola fermo da un mese per la lite con l’Atalanta. Nelle ultime due partite del girone, fermi De Rossi e Verratti, la rinuncia a Jorginho lascia l’Italia con i soli Gagliardini e Parolo in mezzo al campo; tranne poi richiamare l’italo-brasiliano per la doppia sfida alla Svezia. Nella prima, la scelta piu’ contestata e’ quella di Belotti: per sostituire il riscoperto Zaza, Ventura impiega il centravanti appesantito dai postumi dell’infortunio al ginocchio, che cosi’ corre e sbuffa contro gli svedesi senza costrutto, dilapidando energie per il ritorno. E quando entra Eder, e’ gia’ tardi.
IL GIOCO E LE IDEE
Gian Piero Ventura da tecnico ha detto spesso come per lui allenare sia una ‘goduria’, l’ambiente azzurro ha riconosciuto all’inizio del rapporto nel nuovo ct “un maestro di calcio”. Eppure il calcio frizzante si e’ visto solo come frutto dell’entusiasmo iniziale, sull’onda dei giovani. Poi la nazionale ha dato l’impressione di faticare ad apprendere e mettere in pratica i suoi concetti, 4-2-4 in testa. Non si vede una sovrapposizione, ne’ uno schema particolare. E le idee sono rimaste una linea di frattura tra il ct che smania in panchina e i giocatori sperduti in campo.
IL LINGUAGGIO DEL CORPO
Il Ventura insofferente di Stoccolma, colto a lamentarsi con i suoi collaboratori in panchina piu’ che ad urlare indicazioni in campo, ricorda Trapattoni nella sua parabola discendente, quando scalciava bottigliette in Giappone, altro Mondiale negativo. Quelle scenate sono inammissibili a certi livelli, e trasmettono sfiducia.
IL MODULO RICHIESTO
Quello di Stoccolma era il modulo preferito, perfezionato nei meccanismi contiani, e allora perche’ tanta fatica ad interpretarlo? Palla lenta nella circolazione e giocatori non a loro agio indicano mancanze individuali. Che crescono se si considera l’approccio alla partita. “Mi e’ sembrato che si andasse giu’ al primo contatto”, la dura considerazione di Andrea Pirlo
I SINGOLI
Verratti dice tutto. Celebrato come il miglior talento di prospettiva del calcio italiano, non arriva mai al suo punto focale. In azzurro non mostra personalita’, impossibile giustificarlo solo col fatto che non gioca centrale come con Zeman o col Psg. Ieri si e’ fatto ammonire dopo aver perso una palla innocua in attacco, condizionando la sua presenza in campo per l’ora che restava. Mancanza di personalita’ si puo’ imputare anche a Insigne, ma nella serata di ieri e’ mancato perfino De Rossi, uno di solito piu’ elogiato in nazionale che con la sua squadra. La nazionale ‘affamata’ di Conte e’ lontana.
IL GIOCO E LE IDEE
Se Candreva non affonda mai, tranne nei primi 10′ del secondo tempo; se Insigne entra e tira a 30 metri dalla porta e si rivela a distanza infinita dai suoi colpi a giro in campionato; se in troppi stanno fermi e lontani dal compagno, da dove nasce il gioco? A cosa si appendono le idee?
IL LINGUAGGIO DEL CORPO DEI GIOCATORI
Contro la Svezia, Insigne entra e al compagno che gli chiede se gioca al centro, risponde – ‘pizzicato’ dalle telecamere – “si’, al centro…” scuotendo la testa e allargando le braccia in segno di rassegnazione. Un gesto che dice tanto.