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Torre Annunziata. Pinto, i giudici gli ridanno la voce:  «Torno a cantare, riparto dal Cilea: io con la camorra non c’entro»
CRONACA
11 novembre 2017
Torre Annunziata. Pinto, i giudici gli ridanno la voce: «Torno a cantare, riparto dal Cilea: io con la camorra non c’entro»
metropolisweb

«Non mi sembra vero, finalmente sono un uomo libero. Fuori da quell’inferno». Piange, Gerardo Pinto, mentre stringe tra le mani la notifica dei carabinieri. Le lancette segnano le 10 esatte e il cantante torrese mostra il pezzo di carta che l’ha tirato fuori dagli arresti domiciliari. «Qui c’è scritto che sono libero, che posso camminare per strada senza dar conto a nessuno. E io sono certo di essere a posto con la mia coscienza». 

Il suo nome sta in mezzo alla una maxi retata che ha portato al processo Iron. Una storia di droga che ieri è stata giudicata in appello. Lui è stato condannato a tre anni ed è libero. «Ricordo quando mi hanno arrestato, so come ci si sente e ho un magone allo stomaco». I giudici della IV sezione della Corte d’Appello di Napoli (presidente Giacobini) gli hanno dimezzato la pena. Gerardo era finito nei guai insieme a 35 persone nel blitz del 29 ottobre del 2014. Una maxi operazione che smantellò un cartello della droga tra i clan Gionta- Di Gioia- Nuvoletta e Contini, e nella quale Pinto fu ritenuto dalla Dda una sorta di “mediatore” tra esponenti della criminalità organizzata torrese e quello romano. 

«Non sono un camorrista e non lo sono mai stato – dice – ho scontato una pena, ho provato vergogna, e nonostante abbia provato a gridare la mia verità e la mia innocenza sentivo e vedevo la gente giudicarmi». Pinto racconta a Metropolis la sua storia: «Sono finito in carcere senza motivo: mi hanno accusato di fare tramite per i clan, ho sentito su di me cose assurde e mi sono vergognato da morire. Ho pianto – continua – e non sapete il male che ho dovuto sopportare: sono una persona perbene come lo è la mia famiglia. Ero incensurato e non sapevo nemmeno cosa significa rubare una caramella e invece sono passato per un criminale solo perché ero di Torre Annunziata, e spesso questa città porta un peso e un marchio pesante». 

Pinto però in tutti questi anni non ha mai smesso di credere nella magistratura: «Io con quella gente ho semplicemente avuto un rapporto di lavoro – dice – l’ho ribadito e i giudici mi hanno creduto, non sono stato l’intermediario di nessuno. Per me sono stati clienti, sono quelli che hanno il portafoglio pieno:  tu canti, loro ti pagano e arrivederci. Io canto da trent’anni la classica napoletana, non ho nulla a che vedere con i neomelodici e non mi sono mai svenduto». 

Mostra le immagini dei suoi concerti e orgoglioso dice: «Io questo so fare, solo cantare, sono stato coinvolto in una vicenda più grande di me e senza motivo: sono nato con la chitarra e in questi anni non ho mai smesso di cantare e di portare allegria alle persone nonostante tutta la valanga di fango che ho dovuto sopportare contro di me. Ripercorre le tappe della sua vita e con gli occhi velati dice: «in questi anni l’unica cosa che non ho mai smesso di fare è cantare anche grazie ai permessi dei giudici mi sono esibito nei teatri e ho continuato a regalare sorrisi, ma dentro avevo tanta amarezza». 

Ora Pinto è pronto a ritornare sul palcoscenico «appena hanno saputo la notizia mi hanno già contattato un tanti e presto partirò dal Teatro Cilea con lo spettacolo musicale Stasera Napoli Live. Il primo dopo anni da uomo libero, è finito un incubo e non auguro a nessuno tutto quello che ho passato io». Intanto l’avvocato Pasquale Morra, difensore di Pinto è pronto a presentare anche un’istanza di indennizzo perché si è visto dimezzare la pena ed è tornato in libertà avendo già espiato la pena.

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