Il 31 ottobre, la Giunta dell’Unione Nazionale delle Camere Penali Italiane – il massimo organo di rappresentanza dell’intera Avvocatura penale nazionale – ha depositato in Parlamento le firme dei cittadini, raccolte a sostegno del progetto di legge per la separazione delle carriere dei Giudici e dei Pubblici Ministeri. Sono state diverse decine di migliaia, tra le quali anche le circa mille raccolte dalla Camera Penale di Torre Annunziata. Non erano firme apposte esclusivamente da Avvocati, ma per la maggior parte da cittadini i quali, avvicinandosi ai banchi per la loro raccolta e ricevute tutte le spiegazioni richieste, hanno ritenuto dover condividere l’iniziativa. La separazione delle carriere è stata una battaglia storica dell’Avvocatura, cui s’è sempre opposta la Magistratura. Esercito la mia professione da 45 anni e già, al mio esordio, se ne parlava e se n’è continuato a parlare per tutti questi anni, ma l’opposizione dell’ordine giudiziario s’è mostrata costantemente capace d’impedirne la traduzione in provvedimenti legislativi.
Oggi, invece, si aprono finalmente nuove prospettive. L’Avvocatura, confidando soltanto sulle proprie forze, senz’altri mezzi che il proprio entusiasmo e rifiutando la collaborazione di tutti i partiti politici, ben più esperti nella raccolta di firme, ha mobilitato le coscienze. E non sarà facile, per chiunque in Parlamento, non tenerne conto. Ma perché separare le carriere? Lo abbiamo spiegato ai cittadini nelle strade, e mi sembra utile farlo anche per i lettori del giornale, tra i quali, forse, più d’uno, ha depositato la sua firma.La Costituzione prevede che la responsabilità penale degli accusati possa essere accertata solo all’esito di un giusto processo, che è tale se la prova viene formata oralmente in dibattimento e nel contraddittorio, in condizioni di parità, tra accusa e difesa, che devolvono la decisione ad un Giudice terzo, cioè estraneo a ciascuna di esse ed indipendente da loro e da goni potere. Questo principio costituisce, per ogni cittadino, l’irrinunziabile garanzia di un processo equo. La violazione, invece, la premessa di una potenziale iniquità. Ma nel sistema vigente nel nostro paese – tra i pochissimi asseritamente civili, che non si sono adeguati ai principi dettati anche dalle convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo – la garanzia non viene attuata.Giudici e Pubblici Ministeri vengono selezionati in un concorso comune. Seguono percorsi di formazione unitari. Si dividono solo per funzioni, ma possono passare dall’una all’altra. Compongono insieme l’Associazione Nazionale Magistrati, determinante, in via pressoché esclusiva, l’elezione del Consiglio Superiore della Magistratura, nel quale siedono insieme ed adottano decisioni che condizionano le rispettive carriere. Non deve accadere che il giudicato, cioè il Pubblico Ministero, diventi, in seno al CSM, colui che valuta ed orienta la carriera di quel Giudice, il quale in un processo gli aveva dato torto e lo aveva scontentato. Il “Giudicato diventa Giudice del suo Giudice”. E ciò è intollerabile perché condizionante la libertà di ogni giudice. Ma la separazione delle carriere non è fine a sé stessa, ma lo strumento per il perseguimento di un altro obiettivo: la separazione delle vocazioni. Giudice e Pubblico Ministero non sono infatti solo riuniti in un unico ordinamento ma sono anche avvinti dal perseguimento di un medesimo fine, che invece, non può essere comune: la lotta contro il crimine.Tale lotta, però, appartiene alle competenze ed alle responsabilità di altre autorità, la Polizia Giudiziaria, con la direzione del Pubblico Ministero. Non è, invece, compito del Giudice prendervi parte. Egli deve unicamente valutare il risultato di un’inchiesta, accertare la verità processuale ed applicare la legge. In questo consiste la sua terzietà. Se, viceversa, Egli è indotto a condividere gli sforzi del Pubblico Ministero ed a fiancheggiarlo, l’imputato soprattutto se innocente, non ha più la garanzia di un difensore che si contrapponga in condizioni di parità ad un accusatore, ma deve affrontare una sfida disperata contro due accusatori: il Pubblico Ministero ed il Giudice. Egli non ha più speranze ed il processo degrada ad inutile, dispendiosa e forse blasfema menzogna.