Non c’è arte senza follia. Non c’è luce senza buio. Vittorio Sgarbi inaugura il museo della follia a Napoli e lo fa a modo suo, giocando con le parole, provocando la discussione. «Molto genio viene dalla follia e molta luce viene dal buio. Non c’è un solo matto in cui io non mi identifichi», dice. E poi mette insieme due icone di Napoli legando sacro e profano il giorno dopo una disfatta calcistica che brucia. «Se oggi dovessi ribattezzare la mostra qui a Napoli la definirei da San Gennaro a Maradona», Già, perché la follia è anche quella che un personaggio riesce a generare negli altri. «San Gennaro ancora scioglie il suo sangue e richiama miglia di fedeli nel Duomo rendendoli folli nella superstizione, Maradona, invece, li ha resi folli di gioia». «L’immagine simbolo del Museo della Follia a Napoli non poteva essere che quella del Corno Reale di Cesare Inzerillo», dice Vittorio Sgarbi, «ma aspetto quello del mio amico Lello Esposito, artista napoletano, che non può mancare all’interno di questa esposizione». La mostra itinerante è stata realizzata da Cesare Inzerillo, Giovanni Lettini, Stefano Morelli e Sara Pallavicini e si snoda in un percorso eterogeneo di oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, sculture, oggetti e istallazioni multimediali sul tema della follia. «Entrate, ma non cercate un percorso, l’unica via è lo smarrimento». È questa la condizione ideale per affrontare l’intimo rapporto tra arte e follia che si snoda nel labirinto sensoriale del museo. La mostra si articola in diverse sezioni: il percorso apre con i dipinti e le sculture di grandi maestri della storia dell’arte internazionale come Francisco Goya, Francis Bacon, Adolfo Wildt e nazionale la cui mente, attraversata dal turbamento, ha dato forma a un’arte allucinata e visionaria. Prosegue poi con gli Stereoscopi: supporti magici attraverso i quali il visitatore viene trasportato in un’altra dimensione, precisamente nell’ex ospedale psichiatrico di Mombello, luogo dove ha trascorso diversi anni della sua vita l’artista Gino Sandri, al quale è dedicata questa sezione, e le cui opere si alternano in un corridoio di emozioni. La presenza ipnotica di Carlo Zinelli, rompe la scena con dei coloratissimi dipinti e trova assonanza con l’esperienza artistica di Venturino Venturi, uno spirito giocoso tra fiaba e turbamento. Assume dimensioni colossali anche la Griglia del Museo della Follia nella quale vengono mostrati i ritratti recuperati dalle cartelle cliniche di alcuni pazienti di ex manicomi: quattro pareti per oltre 80 metri quadrati. La novità è l’ingresso del calcio nel mondo dell’arte. E c’è anche Maradona. Dice Sgarbi: “Non esiste un capolavoro indiscusso come non esiste un genio indiscusso. Fino a Caravaggio la vita di artisti anche immensi come Leonardo o Michelangelo è stata inferiore all’opera. Con lui la vita diventa arte. Come in Maradona. In entrambi l’esistenza passa per un abisso che non santifica. Non è una forzatura. I volti di Caravaggio sono i ragazzi di vita, delle periferie dell’umanità. Le sue opere mostrano dolore e divino, luce e buio, peccato e redenzione. Maradona è il Caravaggio del ‘900. E lo porto in un museo».
M|CULT
3 dicembre 2017
Napoli: nel museo della follia c’è pure Maradona