Torre del Greco. Nel 1979, Raffaele aveva 32 anni. Era già sposato e padre di due figli. Conosceva i «pericoli» di Torre del Greco, ma la sera del 28 ottobre fu sorpreso da un nubifragio mentre – al volante della sua auto – stava rientrando a casa: si trovava in via Cavallo, all’epoca noto come il «canalone» a causa della capacità di convogliare l’acqua piovana fino a mare. Un alveo maledetto, già costato la vita a due bambine travolte e uccise da una lava di acqua e fango: una tragedia capace di scuotere un’intera città, ma non di scongiurare – fino ai successivi interventi di riqualificazione e messa in sicurezza – ulteriori incidenti.
L’inizio del calvario
Tra i drammi registrati lungo il «canalone» ci fu, appunto, l’episodio di cui rimase vittima Raffaele: l’auto su cui viaggiava il trentaduenne venne travolta da un torrente di acqua, fango e detriti. L’uomo riuscì miracolosamente a uscire vivo dall’abitacolo, ma le conseguenze dell’incidente furono gravissime. Le lesioni riportate a causa della furia della lava costrinsero Raffaele a una lunga serie di accertamenti medici: l’uomo cominciò a soffrire di insufficienza renale, al punto da essere costretto alla dialisi. Non solo: sempre a causa delle complicanze provocate dall’incidente, Raffaele ebbe una serie di disturbi cardiaci. Insomma, una vita di sofferenze e dolori, culminata – a febbraio del 1999 – con l’amputazione della gamba sinistra. Quattro mesi più tardi, il cuore del trentaduenne – sottoposto anche all’amputazione della gamba destra – si fermò.
Le battaglie giudiziarie
Parallelamente al calvario sanitario, Raffaele e i suoi familiari dovettero affrontare una serie di battaglie legali per ottenere il giusto riconoscimento dei danni provocati dal fiume di fango e detriti trascinati lungo il «canalone». A dieci anni dall’incidente, la corte d’Appello di Napoli affermò in via definitiva la responsabilità del Comune: l’ente di largo Plebiscito dovette risarcire i danni e – successivamente alla morte del trentaduenne – incassò una seconda condanna per l’aggravamento delle lesioni riportate dall’uomo. Era il 2003, in tutto i familiari del trentaduenne avevano ottenuto circa 300.000 euro e la questione sembrava definitivamente chiusa.
La nuova citazione
Invece, attraverso vari atti di diffida e messa in mora, la moglie e i figli di Raffaele hanno formulato un’ulteriore richiesta di risarcimento di tutti i danni morali e biologi arrivando a chiedere – attraverso un’apposita citazione davanti al tribunale di Torre Annunziata – la bellezza di 1,2 milioni di euro per la perdita del rapporto parentale. Un atto davanti a cui il commissario straordinario Giacomo Barbato ha scelto di resistere in giudizio per tutelare l’ente di palazzo Baronale. La difesa del Comune sarà affidata agli avvocati del settore legale, chiamati a chiudere l’ennesimo capitolo di una drammatica storia iniziata il 28 ottobre del 1979 nel «canalone» di via Cavallo.
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