Non c’è solo quella Sorrento divenuta famosa con il noto appellativo di «Sorrento bene», quella del lusso, la capitale del turismo che vanta il reddito pro capite tra i più alti della provincia. Non ci sono soltanto le luminarie natalizie da 300mila euro all’anno e i ristoranti gourmet a fare da cornice a una terra florida e amata in tutto il mondo. C’è pure un altro volto che stride con quella ricchezza spesso ereditata e ora smerciata anche in chiave social dove si bombarda Facebook di foto e video.
E’ quello di una Sorrento che vive nel disagio, senza fare rumore. Che non sa come campare, che ha problemi veri, che a volte sembra magari vergognarsi di chiedere aiuto. Come se fosse un reato, evidentemente più estetico che morale. E’ quella che viene accolta in silenzio dal centro ascolto della Cattedrale di Sorrento e dalla Caritas diocesana locale, che fa la fila alla mensa a quattro passi dalla chiesa di Lourdes e che trova conforto nella disponibilità dei volontari.
Da due anni a oggi, sono più o meno un centinaio le famiglie che possono tirare un momentaneo sospiro di sollievo grazie al progetto. Giovani, anziani, genitori, anche immigrati, possono contare sulla presenza di un circuito solidale che si snoda al meglio. Un meccanismo virtuoso che tende la mano al prossimo ma che ha comunque sempre bisogno di un supporto. Sia economico – non a caso c’è stato di recente un contributo da parte di alcuni albergatori e diverse scolaresche – sia di mani. Nel senso che servirebbero più operatori in campo perché purtroppo la domanda sta costantemente aumentando e forse i due giorni settimanali di apertura del centro – mercoledì pomeriggio e sabato mattina – sono diventati pure pochi. Perché le criticità affrontate dai volontari sono variegate e delicate.
Si comincia con il capitolo povertà. A Sorrento e dintorni si avverte il peso della crisi che sta soffocando pian piano il ceto medio. Ed è così che tanti cercano una porta aperta al centro ascolto, alle parrocchie e alla Caritas. C’è chi non riesce a pagare il fitto dell’appartamento e rischia lo sfratto. Chi invece è addirittura senza soldi per fare la spesa e non sa come dar da mangiare ai propri figli. Uno spaccato drammatico di una Sorrento che non ostenta spesso le sue profonde ferite sociali e che preferisce concentrarsi su altri settori della vita di tutti i giorni. Non mancano altre esigenze e criticità. Tipo le ragazze madri, con figli piccoli e divenute orfane di un conforto umano di un uomo vero, lasciate da un compagno e dunque senza la possibilità di incamminarsi verso un percorso costruttivo e solido. Ma è ovvio che in tutto ciò viene inglobato il triste scenario della ludopatia. Ormai ogni giorno le macchinette, tra slot machine e videolottery, tolgono soldi cash a pensionati e casalinghe. Ma anche tanti, troppi giovani. E i risparmi se ne vanno in fumo. Senza dimenticare chi è finito nel giro della droga.
Qui si inserisce il concetto positivo che viene riassunto dal patto «per gli altri» stretto da volontari, parroci, Caritas e sostenitori che evitando pubblicità si mettono in discussione e a disposizione. Un organismo forte che fa anche da filtro pure in quei casi da passare all’attenzione dell’autorità giudiziaria. Ma prima di ciò viene la volontà di dedicarsi a chi è meno fortunato.
Così, già a partire da oggi, ci sarà un appello, rivolto proprio dai protagonisti del centro, per invogliare la cittadinanza ad aderire e prendere parte a quella storia umile di una Sorrento che cerca anche di riscattarsi mentre gli addobbi chic ancora contornano piazze e strade.