Sull’ennesimo raid di sangue avvenuto in pochi mesi a Castellammare, indagano i carabinieri della compagnia stabiese agli ordini del maggiore Donato Pontassuglia e del tenente Andrea Riccio. Non ci sono dubbi: doveva essere un’esecuzione. I militari hanno rinvenuto un solo bossolo e un coltello a serramanico che era nella tasca del giubotto della vittima. Sono state già acquisite le immagini della videosorveglianza interna ed esterna al locale e quelle delle telecamere del circuito pubblico.
L’obiettivo è anche capire se c’è stata una colluttazione all’interno della sala giochi, tra la vittima e il suo sicario. Perché è stato ritrovato anche un casco integrale, ma ancora non è stato accertato se è di qualche ragazzo scappato mentre si consumava il raid, oppure dello stesso sicario che ha fatto fuoco.
Ascoltati anche amici e familiari della vittima, per cercare di ricostruire cosa è accaduto prima del raid, con chi C.C. ha trascorso le ore precedenti all’agguato che l’ha visto vittima. Se c’è stata qualche lite che ha anticipato quell’esecuzione.
Molto, evidentemente, dipenderà anche dal suo racconto. Gli investigatori non scartano alcuna ipotesi, anche se l’impressione è che stavolta non si tratti di una banale lite tra giovanissimi sfociata nel sangue.
C’è qualcosa in più.
E le forze dell’ordine non escludono nemmeno che questo raid possa essere collegato a quello che avvenne il 10 settembre 2017 in via Gesù, quando furono feriti due pregiudicati del centro antico di Castellammare, nell’ambito di una guerra per il comando delle piazze di spaccio. Ci sono parentele e amicizie che potrebbero rappresentare l’anello di congiunzione tra due raid di sangue che solo per puro caso non hanno provocato morti.
Per il primo, quello avvenuto in via Gesù, sono finite sotto accusa quattro persone appartenenti alla famiglia dei Vitale. Per quello avvenuto ieri notte, invece, è già partita la caccia al sicario che ha provato ad uccidere il 19enne.