Quanto immenso possa essere l’amore lo si capisce guardando dentro gli occhi di Paolo. Vispi, ma lucidi. Ha 81 anni anni ed è costretto a spostare da un loculo all’altro i resti dei suoi genitori. E’ la storia incredibile di un uomo al quale nessuno dà ascolto a Castellammare. Un loculo che si allaga ogni volta che arrivano le piogge, che d’inverno non può definirsi una degna sepoltura.
L’ex sindaco Antonio Pannullo gli ha garantito più volte, ma inutilmente, il sostegno, quelli che «comandano» nel cimitero continuano a prenderlo in giro. E allora a Paolo non resta che fare la spola tra il vecchio e il nuovo camposanto, con quelle due cassette di zinco che adesso mostra sulle foto strette tra le mani.
«Eccole», dice mentre una lacrima di emozione e dolore gli riga la guancia. «Dentro ci sono i miei genitori». Sono morti tanti anni fa. «Mia madre e mio padre hanno condotto una vita di stenti e si sono sacrificati per me e per i miei dodici fratelli, come posso ignorarli adesso?». Suo padre si chiamava Michele Cesino, lavorava come portuale sui moli all’ombra di Fincantieri, sua madre Maria Avallone, invece, ha tirato su marmocchi uno dopo l’altro, fin dagli anni della guerra. I loro resti sono in quelle due cassette un po’ malandate, chiuse col catenaccio arrugginito, distinte solo per i nomi stampati sopra fin dall’epoca della tumulazione.
«D’estate sono custodite nel loculo di famiglia, d’inverso invece sono costretto a spostarle in quello dove già riposa mio fratello perché il primo si allaga». Ancora se la sogna sua madre che si lamenta: “Sono sommersa nell’acqua”. Avvenne già tanti anni fa, quando è cominciato l’incredibile calvario. Fece quel sogno e decise di riaprire il loculo comprato con un assegno di 800mila lire in un’ala che il Comune aveva ricavato scavando per qualche metro sotto il livello del terreno. «Il loculo era effettivamente allagato», racconta Paolo Cesino. E decise di sistemare i resti dei suoi genitori nel loculo di suo fratello momentaneamente. A sue spese ristrutturò il loculo ed eliminò i problemi di infiltrazione. Il tempo di far asciugare la pittura e risistemò le cassette di zinco dov’erano da quasi tre decenni, più o meno. Appena qualche mese e il problema si ripresentò, e sono più di cinque anni che Paolo trasporta i resti dei genitori di loculo in loculo. «Ed è un dolore atroce ogni volta».
Paolo è l’unico figlio maschio rimasto in vita. E’ sposato, sua moglie non se la passa benissimo dopo aver subito la frattura dell’anca quando la misero sotto con l’auto, ha otto figli e un esercito di nipoti e pronipoti. Soffre un po’ di claustrofobia, però si dice «un nonno felice». Tutto bene, fuorché il tarlo che lo perseguita ogni volta che ripensa ai genitori. Ha un senso di riconoscenza altissimo nei loro confronti, un amore sconfinato, e ha la certezza che un giorno potrà rivederli, perché, dice, «io sono fortemente cattolico e sento che dall’altra parte c’è un’altra vita». Migliore, si spera.
«Negli anni ho fatto effettuare sopralluoghi e verifiche tecniche, il loculo che acquistai anni fa si allaga perché c’è un’infiltrazione nella parete che segna il confine del cimitero. Ne hanno ristrutturata una parte, non il resto. E ogni volta che piove è uno scempio. Nelle mie condizioni ci sono altre decine di familiari». Loro fanno finta di niente, lui non ci riesce. Mostra il loculo nelle foto: è aperto, devastato dalla muffa e dall’acqua, le cassette di zinco non ci sono, tumulate altrove, e lui chiede di poterle rimetterle dove devono stare. «Ho chiesto l’intervento del sindaco prima che lo facessero cadere, mi ha ascoltato di striscio senza muovere un dito. Ho chiesto a chi gestisce il camposanto, ma niente da fare. Nessuno vuole riparare quel muro e io vivo con l’angoscia di non poter mai più garantire una degna sepoltura ai miei genitori. Mi hanno detto: fallo scrivere sul giornale, magari ti ascoltano. Eccomi qua, spero possiate darmi una mano», dice Paolo. «Però mettetelo in prima pagina, perché quello che avviene in quel cimitero è uno scandalo». Noi ci proviamo. Del resto, è indegno ignorare l’appello di un uomo di 81 anni che chiede rispetto per i genitori.