Vincenza Dipino rinuncia ad alcuni motivi dell’Appello e per lei il sostituto procuratore generale chiede 16 anni di reclusione nell’ambito del processo di secondo grado che si sta tenendo in Corte d’Assise d’Appello a Salerno per l’omicidio di Patrizia Attruia. Delitto avvenuto a Ravello a fine marzo 2015: in primo grado la donna era stata condannata a 23 anni di reclusione per concorso in omicidio ma lei si è sempre difesa affermando che quel delitto non era stato commesso da lei. Entro metà di marzo arriverà la sentenza bis a carico della donna difesa dall’avvocato Marcello Giani. E dalle indagini poi era emerso che a partecipare al delitto, attivamente, era stato il marito della vittima 47enne scafatese, Giuseppe Lima, per il quale la Procura ha chiesto 30 anni di reclusione nel rito abbreviato che sarà trattato a fine marzo. La Dipino si è sempre dichiarata innocente e sostiene di non aver ammazzato la Attruia, nonostante l’ipotesi della rivalità in amore per Giuseppe Lima (difeso dall’avvocato Luigi Gargiulo). I due da tre anni circa erano andati a vivere nell’appartamento della 47enne di Ravello, su invito proprio di quest’ultima e dove avvenne l’omicidio. All’inizio si era ritenuto che l’omicidio lo avesse commesso da solo la Di Pino, che Lima l’avesse solo aiutata a nascondere il cadavere nella cassapanca.
CRONACA
27 febbraio 2018
Scafati. Omicidio Attruia: “Non fu Vincenza ad ucciderla”