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San Giuseppe Vesuviano – Un clan silenziosamente potente che negli anni è cresciuto grazie a un «clima di intimidazione e di diffusa condizione di omertà». Una cosca che nell’hinterland Vesuviano detta legge da anni ormai e gestisce l’affare dello spaccio di droga e delle estorsioni agli esercizi commerciali di San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano e Terzigno. Il sistema affaristico- criminale che nel tempo ha fatto dei Fabbrocino una delle organizzazioni malavitose più malavitose della Campania è stato smantellato ieri mattina, quando i carabinieri della prima sezione del nucleo investigativo della compagnia di Castello di Cisterna, coordinati dalla direzione distrettuale antimafia, hanno dato esecuzione di undici misure cautelare per affiliati e personaggi ritenuti vicini al clan di Mario ‘o gravunaro. In manette finiscono i generali della cosca e i nuovi soldati dell’organizzazione nata all’ombra del Vesuvio, accusati a vario titolo dei reati di estorsioni a imprenditori, spaccio di droga, tentativi di riappropriarsi dei beni di una attività produttiva sequestrata a uno degli affiliati. Una maxi operazione che ripercorre gli anni d’oro dell’organizzazione camorristica vesuviana e disegna un quadro criminale allarmante, all’interno del quale gli indagati si muovevano. Nell’ordinanza firmata dal gip del tribunale di Napoli finiscono 16 persone, ma solo 11 verranno arrestate (tra disposizioni arresti domiciliari, carcere e obbligo di firma). Nei confronti degli indagati vengono contestati decine di episodi aggravati da metodi e modalità mafiose, soprattutto per quanto riguarda il racket ai commercianti: una delle attività più prolifiche per una delle cosche più ricche di tutta la provincia di Napoli, tale da assicurare «costante assistenza economica a tutti gli associati e, soprattutto, ai detenuti e alle loro famiglie». Secondo quanto descritto dal gip «le condizioni di assoggettamento e gli atteggiamenti omertosi delle vittime sono conseguenza del prestigio del clan». Insomma i Fabbrocino facevano e fanno ancora paura, basta spulciare tra i tantissimi episodi di estorsione per rendersi conto in che clima si muovevano soldati e generali della cosca. Gli esattori non minacciavano neanche più gli esercenti. Bastava la loro presenza per incassare la “donazione”. Vengono ricostruiti anche gli anni della latitanza di Francesco Maturo, fino al giorno del suo arresto considerato uno dei 100 latitanti più pericolosi.
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