Ieri mattina nel corso del processo che si celebra al tribunale di Torre Annunziata, il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto l’acquisizione dei verbali del super pentito Michele Palumbo, ex sicario al servizio del clan Gionta che ha deciso di collaborare con la giustizia. Questo processo rappresenta uno stralcio dell’inchiesta “Mano Nera”, l’indagine su spaccio e camorra che ha decapitato i vertici della malavita di Torre Annunziata. Nelle precedenti udienze alcuni collaboratori di giustizia hanno confermato il ruolo di Bollino nell’organizzazione. Anche se il pentito Pasquale Sentiero – ex affiliato dei Gallo – ha affermato che nel 2010 il 54enne aveva rotto i ponti con il passato decidendo di lasciare il clan. Accuse ascoltate dallo stesso imputato, presente in aula, che senza batter ciglio ha assistito al processo che lo vede imputato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Nell’ultima udienza – celebrata circa un mese fa – è stato ascoltato anche uno degli investigatori che parteciparono alle indagini. L’esponente delle forze dell’ordine ha anche parlato del sospetto che ci fosse una “talpa” tra gli uomini in divisa che forniva informazioni al clan Gallo-Cavalieri. Ma non è l’unico retroscena raccontato durante il processo. Gli investigatori hanno anche ricostruito nei dettagli il contesto criminale a Torre Annunziata dal 2006 al 2008 (il periodo d’indagine). Anni terribili in cui si «uccidevano anche 2 persone al giorno», come ripetuto dal testimone dell’accusa. Poi ancora la genesi del clan Gallo-Cavalieri, «nato da una costola dei Gionta e poi protagonista della guerra contro i Valentini». Dalle indagini sarebbe emerso un rapporto strettissimo tra Vincenzo Gallo e Bollino. Nella prossima udienza – fissata a fine maggio – ci sarà l’eventuale testimonianza degli imputati e le conclusioni finali di accusa e difesa.