San Giuseppe Vesuviano – Sono le ultime parole del boss, pronunciate da una cella del carcere di Poggioreale e affidate a un portavoce fidato, incaricato di portare a soldati e generali della cosca l’ordine impartito dal leader bloccato dalla polizia. Dopo il suo arresto, avvenuto in un caldo pomeriggio di Ferragosto di 13 anni fa, Mario Fabbrocino – che fu sorpreso nella sua abitazione dopo aver indossato il pigiama per la pennichella post pranzo – aveva pensato a come riorganizzare il clan. Prima di essere ristretto al carcere duro, al 41 bis nel penitenziario di Terni, l’erede di Carmine Alfieri, e fondatore di una delle cosche più violente e potenti dell’area Vesuviana, s’era preoccupato di come fare per provare a portare avanti quella “famiglia” che negli anni aveva preso in mano il business delle estorsioni e dello spaccio di sostanze stupefacenti tra i comuni di San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano, San Gennaro Vesuviano e Terzigno. «Dovete fare soldi, fate quello che volete», parole che mettono in chiaro l’obiettivo di Fabbrocino.
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