Tra la piscina coperta del Mar hotel Alimuri e l’alloggio del personale dell’albergo c’è una distanza di almeno 50 metri, forse molti di più. I due locali sono collegati da una sorta di vialetto che si trova esattamente alle spalle di uno stabilimento balneare. E’ quello che, stando alle ipotesi, è stato utilizzato per portare la turista inglese al resto del branco che si trovava proprio in quest’alloggio, una casa presa in fitto dalla società che gestisce l’hotel. Qui, in questa dependance con vista sul mare, per la Procura di Torre Annunziata ci sono state le ulteriori violenze. Un nuovo assalto dopo i primi abusi già messi a segno all’interno dell’albergo. Insomma: la notte incriminata tra il 6 e 7 ottobre 2016 si è snodata in due fasi ed anche in due edifici del tutto differenti. Si gioca pure qui l’inchiesta che una settimana fa ha portato agli arresti degli ex dipendenti dell’hotel Antonino Miniero, Davide Gennaro Gargiulo, Fabio De Virgilio, Raffaele Regio e Ciro Francesco D’Antonio. I cinque indagati – di età compresa tra i 23 e 34 anni – si trovano in carcere e dopo gli interrogatori di garanzia di venerdì scorso hanno chiesto di tornare in libertà.
Il primo stupro
Anna (nome di fantasia per tutelare la privacy) dichiara ai poliziotti del commissariato di Sorrento e al sostituto procuratore di Torre Annunziata Mariangela Magariello di aver subìto il primo stupro nei pressi della piscina coperta dell’albergo. A violentarla, dopo un drink – nel quale, per la Procura, c’era la “droga dello stupro” – sono i due baristi, Antonino Miniero e Fabio De Virgilio. Le violenze durano alcuni minuti. Poi c’è la seconda fase. Quella che avviene nell’alloggio del personale che non si trova nello stesso corpo di fabbrica dell’albergo. Si tratta infatti di un’abitazione situata al piano terra di un edificio distante oltre cinquanta metri dall’ingresso del Mar hotel Alimuri e che annualmente viene presa in fitto dalla società che gestisce l’hotel. Come ricostruito pure dagli investigatori, è possibile uscire dal locale della piscina coperta senza passare per l’ingresso principale. Ci sono delle porte laterali che consentono di poter lasciare il locale. Una volta all’aperto, ci si trova dunque su un vialetto che, percorso a piedi, consente di poter raggiungere in pochissimi minuti, neppure cinque, la dependance. A ciò va aggiunto il tempo da impiegare per lasciare la zona della piscina coperta e raggiungere l’uscita “secondaria” che dà al vialetto.
L’alloggio
La dependance si trova al piano terra di una palazzina di colore bianco. Qui, solitamente, come avvenuto nell’ottobre 2016, il Mar hotel Alimuri ottiene la disponibilità di alcuni spazi da destinare all’ospitalità dei dipendenti che non risiedono in penisola sorrentina. Ed è qui che, sempre secondo le ricostruzioni della Procura di Torre Annunziata, Anna è stata portata, consegnata, poi stuprata, una seconda volta, senza pietà. D’altronde, stando all’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata Emma Aufieri, la turista racconta di un’area esterna e senza luce. Letteralmente, la donna dice al pubblico ministero Magariello che «sono stata portata in una stanza grande, abbiamo percorso un tratto di cinque, dieci minuti a piedi. Mi sembra che abbiamo camminato all’aperto perché ricordo che era buio. Siamo entrati in una stanza». Quella proprio a quattro passi dal mare. Stando ai dati raccolti finora, nessuno ha visto qualcosa. E non ci sono telecamere lungo questo tragitto. Sulla spiaggia non c’erano persone, magari altri dipendenti o turisti svegli, che hanno visto la donna mentre veniva condotta all’alloggio? Al momento no. Anche se le indagini proseguono.
La figlia
Il succo della questione è anche un altro: nell’ordinanza di custodia cautelare, si fa riferimento anche alla figlia della donna che, dopo il drink, ha cercato la madre ma senza successo. In tanti, pure sui social network, si chiedono. «E’ possibile che la ragazza possa non aver rinvenuto la signora in tutto l’hotel?». La dimostrazione dei fatti e dei luoghi dimostra una certezza per la Procura: la figlia non poteva essere a conoscenza del luogo dove c’è stato il secondo stupro. Non conosceva l’alloggio. Non sapeva che l’hotel, i dipendenti, avessero una casa lì nei dintorni. Perché la location non è dell’hotel e non c’era un’indicazione che collegasse l’albergo alla dependance. Da considerare anche le condizioni della ragazza: si ipotizza che anche lei aveva assunto il drink con la droga. Non a caso, accusa un malore e vomita. Quindi, per gli investigatori, non era lucida e sicuramente non nelle condizioni di poter avere il controllo di “ricerche” incessanti.
Il verbale
Sia chiaro: ci sono diversi nodi nell’inchiesta. Uno dei tanti riguarda proprio la figlia della turista. Come riepilogato anche oggi da Il Mattino, la difesa degli indagati punta molto su un verbale firmato dalla ragazza dinanzi ai poliziotti del Kent e che non compare nell’ordinanza del gip Aufieri. In queste dichiarazioni, la figlia di Anna parla della cena consumata assieme alla madre poche ore prima del presunto stupro. Avrebbero bevuto una bottiglia di rosato, un bicchierino di limoncello offerto da un cameriere, un drink e cicchetti di vodka. La ragazza avrebbe rifiutato le avances di un barista dicendo di essere fidanzata, poi ha vomitato nel bagno situato accanto alla piscina coperta. «Mamma è venuta a vedere come stavo e mi ha detto di tornare in camera» le parole della ragazza che, secondo i difensori degli arrestati, possono indicare l’intenzione della cinquantenne di rimanere da sola e appartarsi con qualcuno. Nel racconto della ragazza, infatti, si fa riferimento ad altri due particolari importanti. Il primo: la ragazza ha cercato la madre e, dopo del tempo, al termine delle ricerche, quando stava tornando in camera, dice di aver «visto mamma in un altro ascensore con uno sconosciuto. Sembrava che la stesse scortando, non sembrava in difficoltà. Le ho chiesto dove fosse stata, ma non mi ha risposto». Secondo: la figlia di Anna dice di aver pensato che la madre era «andata via con un ragazzo» e che era stata «infastidita» da quella circostanza.
Salvatore Dare