San Giuseppe Vesuviano – C’è una nuova alleanza che rischia di ridisegnare la geografia del crimine. Un patto di sangue e camorra che vede protagoniste due tra le cosche più potenti e ricche della mafia campana. Da un lato i Casalesi, gli imprenditori della malavita che macinano milioni di euro con appalti e colletti bianchi. Dall’altra i Fabbrocino, la multinazionale del riciclaggio che semina nel mondo colate di cemento e soldi sporchi. Un legame inquietante venuto fuori da indagini e dossier sugli affari delle due cosche fuori dai confini campani. Quasi a 500 chilometri di distanza, nelle campagne della Toscana: da sempre terreno fertile per gli affari della camorra. Il settore che unisce i clan è quello dei rifiuti. Un business che troppo spesso puzza di malaffare.
Il dossier
A mettere insieme i due clan, la monnezza e quel patto di ferro è l’ultimo report sulle mafie in Toscana realizzato dalla “Fondazione Caponnetto”. Il gruppo di esperti che lavora portando avanti il nome del magistrato che ha guidato il pool antimafia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha censito – attraverso l’analisi incrociata di inchieste e segnalazioni – la presenza di circa 150 diverse organizzazioni mafiose sul territorio toscano. Tra queste anche i Fabbrocino, l’organizzazione criminale con base a San Gennaro e San Giuseppe Vesuviano e ramificazioni in ogni angolo della penisola. Secondo gli studiosi che guidano la fondazione – i cui studi sono riconosciuti a livello nazionale e ritenuti riferimenti di primo piano nel mondo dell’analisi del fenomeno mafioso – i Fabbrocino, almeno in Toscana, rappresenterebbero una vera e propria «costola» imprenditoriale dei Casalesi. Un passaggio breve che però da l’idea della forza di quel legame che oggi rischia di mettere insieme due delle cosche criminali più potenti e ricche d’Italia. L’intreccio tra le organizzazioni sarebbe – sempre come chiarito dal dossier reso noto nei giorni scorsi – legato all’affare rifiuti. Un sospetto, quello degli esperti, sollevato attorno alle pagine della mega- inchiesta che nell’aprile dello scorso anno ha portato sotto indagine la bellezza di 98 persone: tutte accusate di aver messo in piedi un’associazione per delinquere di tipo transnazionale specializzata nel traffico di rifiuti industriali (in particolare plastica e stracci) dall’Italia alla Cina.
Le similitudini tra i clan
I punti di contatto tra le due cosche sono diversi. Oltre al potere finanziario c’è anche il modo di intendere la criminalità. Una camorra che si avvicina molto più alla mafia siciliana o alla ‘ndrangheta calabrese. Basti pensare che nell’intero panorama della camorra i Fabbrocino sono l’unico clan – tra i più longevi – a non avere nemmeno un collaboratore di giustizia. Zero pentiti, perché – come ripetuto dai giudici in un recente provvedimento cautelare a carico di soggetti ritenuti vicini alla cosca – i «Fabbrocino sono ricchi». Talmente ricchi da scoraggiare qualsiasi tipo di “tradimento”. Poi gli affari. Con entrambe le cosche specializzate sia nel campo del cemento che in quello della spazzatura. E poi ancora la “passione” comune per gli appalti pubblici e la volontà di navigare nell’ombra. Magari mescolandosi nell’economia pulita.