Torre del Greco. «Sono sei nuovi angeli: a loro potremmo dedicare il prossimo carro dell’Immacolata». La voce di don Giosuè Lombardo è provata dal dolore. Giorni terribili e funesti per la città di Torre del Greco. Una comunità smarrita e colpita da tre tragedie. Una dietro l’altra. L’addio a Pietro Maria, il portatore del carro rimasto ucciso in un incidente stradale all’altezza di Capua. L’orrenda fine dei quattro amici per la pelle volati giù nella loro auto dal viadotto Morandi a Genova. Infine la disgrazia di Immacolata Marrazzo, l’avvocatessa e mamma di 43 anni, portata via dalla piena del torrente Raganello in Calabria mentre era con la sua famiglia.
Insomma, Torre del Greco paga il suo tributo altissimo di vittime e dolore. Come se una maledizione si fosse accanita sulla città e sui suoi figli. Lancia l’idea il sacerdote-guida della comunità parrocchiale di Santa Croce. Mentre qualcuno fa notare che c’è chi vede tutto questo come effetto della mancata benedizione e del litigio con i portatori durante la processione del carro dell’8 dicembre 2017: «E’ pura superstizione, non esprimo nessun giudizio, la mia intelligenza si rifiuta di raccogliere».
Dosa bene le parole il parroco della chiesa madre. Carattere spigoloso, ma guida spirituale di una comunità che cerca nella fede la risposta a una valanga di lutti senza precedenti. «E’ dolore che si somma a dolore: quello di queste ore è la sofferenza per una mamma che io conoscevo bene: Giovanni e Imma erano stati miei alunni al Pantaleo e sono stato io a celebrare le loro nozze», racconta il sacerdote, custode di una religiosità profonda e severa. Che spesso si è scontrata con il modo popolare di intendere la fede dei cittadini di Torre del Greco. A cui, oggi, don Giosuè tende la mano: «La storia di Imma e Giovanni ci mostra una fede e profonda. Due giorni fa parlavo con il papà di Imma. Ero in lacrime, lui provava a consolarmi facendosi forza di quel cammino di religiosità fatto di prove da superare e fiducia nell’altro. Anche la città lo sta vivendo così – racconta il sacerdote – Alcuni vedono questi giorni in prospettiva della canonizzazione del nostro parroco santo. Ci preparavamo a una festa grande. Siamo passati, invece, attraverso un dolore così grande. Dobbiamo provare a leggere questi eventi come dimensione spirituale, come una sorta di purificazione per la città».
Un riferimento diretto al dolore che serve a spalancare le porte dei cuori: «Una purificazione interiore, un richiamo ai valori più essenziali della vita. Le vicende di questi giorni ci insegnano che dobbiamo impegnarci a non rovinare mai una giornata a nessuno e fare in modo che mai nessuno ce la rovini. Valorizziamo il tempo gli affetti, le amicizie». Due mazzate a pochi giorni di distanza. Prima i 4 angeli strappati crudelmente alla gioia della vita. Poi una mamma premurosa e vitale, travolta da un torrente mentre era in vacanza con i figli. «Oggi vedo angoscia. Nella tragedia precedente c’era l’emotività e il dolore perché giovani, perché nessuno crede che un ragazzo nel fiore dei suoi anni possa non tornare più dai suoi cari. Ora c’è una giovane mamma, il simbolo della Madonna» prova a spiegare il sacerdote. Che cerca anche di proiettare un fascio di luce al di là del buio dei morti e dei lutti: «Le risposte sono nella fede. Dopo una prova così dolorosa – spiega don Giosuè – viene sempre la resurrezione, dopo venerdì santo c’è la Pasqua. Guai se non fosse così».
Un pensiero che, immediatamente, vola a Giovanni Sarnataro. Vedovo da poche ore, padre di due bimbi orfani di madre: «Nelle prime parole di Giovanni c’è esattamente questo: la volontà di ripartire dal ricordo. Senza dimenticare, ma aiutando i suoi piccoli a superare se mai sarà possibile. Perciò ha voluto che ai funerali della mamma i due bimbi fossero presenti» rivela il parroco della Basilica. Che ricorda anche il tema di queste settimane: «Seguendo il capitolo sei di San Giovanni, ricordiamo Gesù che dice l’eucarestia è pane che dà la vita, io sono il pane della vita, chi mangia di me vivrà in eterno». Un ruolo quello che tocca ai sacerdoti su cui il parroco punta molto: «Abbiamo questo mandato che va al di là dell’aspetto religioso, un mandato civile, sociale che ci porta a tenere desta la speranza nella gente l’incoraggiamento». Comprendendo anche i rischi che una città, già provata da anni di isolamento e crisi, potrebbe vivere: «E’ una città che rischia di cadere nella depressione. Una depressione collettiva contro cui dobbiamo lottare».