Torre del Greco. Fissato il giorno del giudizio finale per i vigili urbani e i politici travolti dallo scandalo abusivopoli all’ombra del Vesuvio. Il 30 gennaio del 2019 – a otto anni di distanza dal blitz costato l’arresto ai vertici della cricca di agenti di polizia municipale e tecnici comunali pronti a chiudere un occhio sugli abusi edilizi realizzati in città in cambio di mazzette e favori – saranno gli ermellini della sesta sezione della suprema corte di Cassazione a decidere il destino dei 18 imputati condannati in Appello.
Gli imputati eccellenti
I riflettori saranno principalmente puntati sull’ex sindaco Ciro Borriello, finito a processo per soppressione di atti veri e abuso d’ufficio: accuse cancellate in primo grado dal tribunale di Torre Annunziata, ma poi pagate in secondo grado con un anno di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici. Un verdetto a sorpresa – legato solo all’ipotesi di avere fatto «sparire» un verbale di sequestro elevato dai vigili urbani alla boutique Bruno di via Roma, mentre l’assoluzione per abuso d’ufficio era stata confermata – trascinato dall’avvocato Giancarlo Panariello fino a Roma. «è una sentenza politica, non ho commesso reati», la rabbia espressa all’epoca dallo storico leader locale del centrodestra. Eppure, senza ascoltare nuovamente i testimoni interrogati durante il processo di primo grado, il collegio presieduto dal giudice Patrizia Mirra decise di accogliere parzialmente il ricorso presentato dal pubblico ministero Emilio Prisco. Ora, a fine gennaio, l’ultima parola.
Il rischio carcere
Mentre l’ex sindaco punta sostanzialmente «solo» a ottenere giustizia, diversi imputati sperano in un accoglimento del ricorso per evitare di finire dietro le sbarre del carcere. A partire dall’ex assessore Vincenzo Maida – padre dell’ex consigliere comunale Domenico Maida, fedelissimo dell’onorevole Nello Formisano – condannato in Appello alla bellezza di sei anni e nove mesi sia per gli abusi edilizi realizzati all’interno della propria abitazione sia per le false certificazioni di presenza all’interno delle commissioni consiliari di palazzo Baronale per i gettoni di presenza. Nelle stesse condizioni dell’ex politico si trovano due ex vigili urbani e due ex tecnici comunali, tutti successivamente licenziati: Errico Sorrentino, Francesco Di Maio, Enrico Bianco e Ciro Pagliuso. All’ex cerimoniere del Comune – ritenuto il capo della cricca di caschi bianchi – vennero inflitti 10 anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, mentre il «socio in affari» Francesco Di Maio si vide condannare a 8 anni di carcere. In entrambi i casi, pene sensibilmente aumentare rispetto al primo grado. Stessa sorte per i tecnici comunali Enrico Bianco – sette anni e due mesi, la sentenza di secondo grado – e Ciro Pagliuso, a cui venne «ritoccata» a cinque anni e 10 mesi il verdetto emesso dal tribunale di Torre Annunziata.