Torre del Greco. «Solo i morti e gli sciocchi non cambiano idea», sosteneva il diplomatico statunitense James Russell Lowell sul finire del 1800. Una tesi sposata in pieno dal sindaco Giovanni Palomba, pronto – a 48 ore dalla «brillante intervista» mandata in onda da Striscia la notizia sul tema dell’emergenza rifiuti in città – a dare prova di vivida intelligenza relativamente alla questione del project financing per la costruzione e la gestione dell’ampliamento del cimitero. Un progetto promosso dall’ex amministrazione comunale targata Ciro Borriello e, all’epoca, bocciata – prima attraverso un secco «no» in aula, poi attraverso un’assenza strategica a palazzo Baronale – proprio dall’attuale leader della carovana del buongoverno. A distanza di due anni, tuttavia, lo storico figlioccio della Dc all’ombra del Vesuvio si sarà evidentemente convinto della «necessità» di realizzare nuovi loculi all’interno del camposanto e della «opportunità» di affidare la gestione ai privati. Al punto da rischiare un «incidente diplomatico» con l’assessore all’urbanistica Anna Pizzo, delegata al progetto.
Lo strappo in giunta
La delibera sul cimitero – già finito in passato sotto i riflettori della procura di Torre Annunziata – era stata già oggetto di scontro all’interno dell’esecutivo. Perché gli atti preparati dalla precedente amministrazione comunale avevano suscitato diversi dubbi e perplessità tra i nuovi inquilini di palazzo Baronale. Non a caso, il provvedimento – dietro suggerimento dello stesso segretario generale Pasquale Incarnato – era stato «congelato» per le opportune modifiche rispetto alle novità previste dal codice degli appalti. Conseguentemente, già a inizio novembre la delibera era stata «rispedita» ai competenti uffici per ulteriori approfondimenti tecnici: una circostanza capace di scatenare qualche malumore all’interno della turbolenta maggioranza uscita vincitrice dalle elezioni di giugno. Fibrillazioni tenute a bada dal sindaco-temporeggiatore con l’impegno di approvare il project financing entro il 23 novembre. Il colpo di scena Al momento dell’approvazione – programmata per la seduta di martedì scorso – qualcosa è andato storto: gli esponenti della lista civica Dai – rappresentata in consiglio comunale da Michele Langella e Salvatore Gargiulo – avrebbero chiesto, proprio attraverso l’avvocato Anna Pizzo, ulteriore tempo per studiare tutti gli aspetti della delicata «esternalizzazione». Una richiesta capace di mandare il «pacato» primo cittadino – apparso allegro e sorridente perfino davanti ai cumuli di rifiuti capaci di sommergere la città – su tutte le furie, al punto da convincere Giovanni Palomba a portare in prima persona il provvedimento all’attenzione dell’esecutivo cittadino. Un atto di forza risultato sgradito alla delegata all’urbanistica, pronta a voltare i tacchi e a lasciare la seduta di giunta.
La chiamata alle armi
L’uscita di Anna Pizzo avrebbe portato all’automatica caduta del numero legale. Ma il sindaco, dimostrando un’autorità e una prontezza fino a oggi sconosciuta in municipio, si è affrettato a convocare d’urgenza gli assenti Gennaro Granato e Vincenzo Sannino – sostenuto dal golden boy Stefano Abilitato e dal politico-ultrà Pasquale Brancaccio, figlio dell’attuale direttore del cimitero – arrivati in tutta fretta a palazzo Baronale. Così l’atto della discordia è stato approvato all’unanimità, con la sola eccezione dell’assente Anna Pizzo. I malumori degli alleati L’insolita fretta dimostrata da Giovanni Palomba ha inevitabilmente scatenato qualche malumore tra gli alleati. E non semplicemente tra gli esponenti di Dai. Perché le ragioni del «cambio di rotta» del mobiliere con la passione per la politica non sono state comprese dalla maggioranza. A ottobre del 2016, Giovanni Palomba – all’epoca «semplice» consigliere comunale d’opposizione – fu l’unico esponente della minoranza, insieme al grillino Ludovico D’Elia, a votare contrario al project financing per la costruzione e l’ampliamento del camposanto. E alla seduta dell’assise – presieduta proprio da Pasquale Brancaccio – conclusa con l’approvazione del provvedimento, l’ex capogruppo del Nuovo Centrodestra risultò strategicamente assente. Oggi, l’improvviso dietrofront. Perché «solo i morti e gli sciocchi non cambiano idea». Ma, a 150 anni di distanza, forse sarebbe il caso di «allargare» le categorie.