Il ragazzino presuntuoso e arrogante lo annuncia quasi fischiettando. «Entro il 2022 non ci saranno più fondi per l’editoria». Vuoto dal punto di vista politico e programmatico ma pieno di boria, il ragazzino di Pomigliano sorride col suo solito ghigno e intanto inchioda i coperchi alle bare dentro le quali sta infilando centinaia di giornalisti. Un ministro del lavoro che toglie lavoro. Un’aberrazione. Come del resto è la strategia contorta di un governo che sta portando l’Italia nel baratro.Con il ministro miracolato esulta il sottosegretario Vito Crimi, forse più miracolato del suo capo. Lui gongola a Salerno e annuncia la strategia adottata per uccidere i giornali. «Faremo un taglio graduale all’editoria. Si farà un primo taglio del 25% nel 2019, del 50% nel 2020 e del 75% nel 2021. Poi addio». A qualcuno sussurra, «tranquilli, faremo una legge delega a tutela delle testate locali», ma ormai ci vuole stomaco per credere a un governo che dice e smentisce, che annuncia e ritira, che promette e disattende. Crimi passerà alla storia come il boia dei piccoli quotidiani, il suo capo, Luigi Di Maio, sarà il mandante di una strage che lascerà sul terreno decine di testate e centinaia di giornalisti, oltre a poligrafici, tipografi e tecnici. Ma non conta per i Cinque Stelle. Loro non vedono l’ora di esibire lo scalpo del nemico al proprio popolo. I giornalisti, ovvero, gli infami, gli sciacalli, le puttane, i pennivendoli. Parole indegne per un ministro normale.Lui no, il ragazzino di Pomigliano, che ha iniziato proprio sognando di fare il giornalista, adesso gongola per aver convinto la Lega (per anni beneficiaria dei contributi per l’editoria elargiti al suo giornale, La Padania) a sostenere la sua crociata da censore, una bomba sulla libertà di stampa, nonostante gli appelli di un presidente della Repubblica sempre più imbarazzato, sempre più assediato. «E’ la nostra battaglia dal 2008, taglieremo i fondi», dice il miracolato di Pomigliano. Anzi, sorride con le labbra tirate da selfie. Una vendetta perfetta contro gli “infami” che nelle ultime settimane lo hanno messo all’angolo, inchiodandolo ad una realtà fatta di abusi edilizi, sequestri, lavoro nero. Una realtà molto vicina a lui. Una realtà che stride con il concetto di onestà. Sorride perché deve apparire forte, deciso, convinto. Deve recuperare il crollo di consensi che ha procurato al Movimento, e quale occasione migliore se non quella di annunciare la morte dei giornalisti “infami”.Ma diciamoci la verità: la morte dei giornali locali farà enormemente piacere a molti, non solo ai grillini che sono allergici ai confronti e alle critiche, come quelli del Ventennio. Esulteranno in tanti, ne siamo certi. Ma poi qualcuno ci rifletterà su. Senza giornali in edicola interi e sterminati pezzi di provincia resteranno muti. I cittadini non avranno voce, non sapranno mai più gli sviluppi di un’inchiesta, tutto diventerà ovattato e sarà un giochetto insabbiare la verità. Un favore ai corrotti e alla camorra. Ma questo Luigi Di Maio non può capirlo. A lui, da piccolo, dicevano «guarda che se non mandi giù il boccone arriverà il giornalista cattivo».
CRONACA
7 dicembre 2018
I boia dei giornalisti