Torre del Greco. «Chi va piano, va sano e va lontano». Deve essere il proverbio a cui si ispira il sindaco Giovanni Palomba, sbarcato a palazzo Baronale il 26 giugno del 2018. Esattamente a sei mesi di distanza, infatti, i «numeri» confermano l’andamento decisamente lento della carovana del buongoverno uscita vincitrice dal ballottaggio con la coalizione di centrodestra guidata dall’ex assessore ai lavori pubblici Luigi Mele: sono solo 282, infatti, le delibere licenziate dalla giunta dello storico figlioccio della Dc all’ombra del Vesuvio. Un bilancio da incubo – la miseria di 46 atti al mese – capace di «riabilitare» il predecessore Ciro Borriello e perfino Gennaro Malinconico, l’avvocato prestato alla politica con risultati disastrosi per la quarta città della Campania. Sì, perché la partenza di Giovanni Palomba & company risulta essere – dati alla mano – la peggiore degli ultimi dieci anni.
Un mese di trattative
A pesare sul rendimento finale, senza dubbio, le difficoltà registrata da Giovanni Palomba per mettere d’accordo tutti gli alleati sulla scelta degli assessori. Dopo avere nominato l’ex vicequestore Pietro De Rosa come delegato all’ambiente – una scelta, alla luce dei fatti, decisamente fallimentare sotto tutti i punti di vista – il primo cittadino ha dovuto attendere fino al successivo 25 luglio per ufficializzare i nomi dell’esecutivo cittadino: apprezzati professionisti, ma senza alcuna – fatta eccezione per Gennaro Granato e l’ex dirigente comunale Vincenzo Sannino, poi raggiunto da due avvisi di garanzia – esperienza in politica. Così, inevitabilmente, i ritmi della giunta – complice il completo «disinteresse» del sindaco alle questioni tecniche e l’ostruzionismo di qualche dirigente d’oro del Comune – sono letteralmente precipitati, rispetto agli standard degli ultimi dieci anni.
I provvedimenti-chiave
Eppure, a chi – all’interno della stessa maggioranza – evidenzia la lentezza dell’amministrazione comunale, il mobiliere di via monsignor Felice Romano risponde senza esitazioni: «Abbiamo approvato tre delibere-chiave per il futuro della nostra città – il ritornello mandato a memoria da Giovanni Palomba e ripetuto a ogni accenno di contestazione – come il nuovo piano industriale per la raccolta dei rifiuti con il sistema porta a porta, l’annullamento di un concorso per l’assunzione di vigili urbani finito al centro di dubbi e polemiche e il fabbisogno di personale per il Comune». Tre provvedimenti oggettivamente importanti, ma insufficienti a colmare il vuoto politico e amministrativo registrato durante i primi sei mesi in Municipio. Rispetto al suo predecessore, infatti, Giovanni Palomba ha approvato 121 delibere in meno – Ciro Borriello viaggiava, durante i primi sei mesi, a una media di 62 atti ogni 30 giorni – e addirittura 129 in meno rispetto a Gennaro Malinconico, fino a oggi ritenuto «responsabile» del ritorno a palazzo Baronale dell’ex deputato di Forza Italia.
La difesa a oltranza
«Gli assessori sono stati nominati solo a luglio – la difesa di Giovanni Palomba – e il mese di agosto è stato caratterizzato dalle tragedie di Genova e del Pollino. Concretamente, abbiamo cominciato a lavorare solo a settembre». Ma, in pratica, gli stipendi ai sette assessori sono stati riconosciuti a partire dal giorno dell’insediamento e non a scoppio ritardato. Anzi, proprio alla vigilia di Natale, l’assessore con la valigia – il salernitano Pietro De Rosa – ha presentato il conto al Comune per la restituzione dei soldi per le spese di viaggio sostenute per raggiungere la città del corallo da Pellezzano, il paesino in cui abita l’ex vicequestore: 314 euro e spiccioli per benzina e pedaggi autostradali pagati da luglio a settembre dal delegato alla Nu. Magari lento a risolvere l’emergenza rifiuti, ma veloce a passare all’incasso dei rimborsi dovuti per legge.