Ercolano. «Errare è umano, ma perseverare è diabolico» sosteneva Sant’Agostino. Una massima, evidentemente, nota a padre Pasquale Incoronato – il «prete per eccellenza» di Ercolano, simbolo della lotta ai clan della città degli Scavi – pronto a correre ai ripari all’indomani dello «sbaglio» commesso per allargare le attività dell’oratorio San Domenico Savio di via Alessandro Rossi, diventato punto di riferimento per i minori a «rischio criminalità». A un mese dal via al processo davanti al giudice monocratico Francesco Pellecchia del tribunale di Napoli per gli abusi edilizi realizzati all’interno della struttura pastorale, infatti, il parroco anti-camorra ha spontaneamente provveduto alla rimozione delle opere fuorilegge e al ripristino del precedente stato dei luogo.
La soffiata e le indagini
L’ingarbugliata storia sospesa tra il desiderio di aiutare i bambini provenienti da realtà difficili e l’inosservanza delle regole basilari in materia edilizia affonda le proprie radici nel dicembre del 2016, quando – all’indomani della classica soffiata proveniente dal quartiere a poche centinaia di metri dalla parrocchia di Santa Maria del Pilar di corso Resina – i vigili urbani guidati dal comandante Francesco Zenti fecero visita all’oratorio San Domenico Savio e rilevarono una serie di interventi effettuati senza alcuna autorizzazione del Comune. Immediata scattò la segnalazione alla procura di Napoli e – al termine delle indagini di rito – padre Pasquale Incoronato è stato rinviato a giudizio «perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso – recita il decreto di citazione – realizzava, in qualità di legale rappresentante e committente dei lavori, opere abusive in via Alessandro Rossi, all’interno dell’oratorio San Domenico Savio». Non solo: al parroco dei bambini viene, inoltre, contestata la circostanza di avere eseguito le opere fuorilegge in una zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico senza essere in possesso di alcuna autorizzazione.
L’affondo del Comune
Davanti all’inaspettato sfregio ambientale, la squadra di governo cittadino guidata dal sindaco Ciro Buonajuto si è comportata come in tutti i casi analoghi: «La legge è uguale per tutti», il principio utilizzato dal baby-Renzi del Vesuviano, peraltro avvocato di professione. Così, alla vigilia della prima udienza fissata per lo scorso 7 gennaio, la giunta decise di «entrare» nel giudizio a carico di padre Pasquale Incoronato come parte civile e affidò all’avvocato Miriam Chiummariello il compito di difendere gli interessi dell’ente di corso Resina. L’appuntamento giudiziario in aula saltò per un difetto di notifica alle parti, costringendo il giudice monocratico Francesco Pellecchia a rinviare il via al dibattimento al prossimo primo aprile.
Il doppio dietrofront
Intanto, tuttavia, lo scenario all’interno dell’oratorio San Domenico Savio di via Alessandro Rossi è già cambiato. Perché, una volta raggiunto dal decreto di citazione a giudizio, il «prete per eccellenza» di Ercolano non ha aspettato la giustizia terrena per riparare ai suoi sbagli. Senza aspettare i tempi del processo, infatti, padre Pasquale Incoronato ha provveduto spontaneamente al ripristino dello stato dei luoghi come confermato da un verbale di sopralluogo del nucleo anti-abusivismo dei vigili urbani – a firma dello stesso comandante Francesco Zenti – successivamente trasmesso, attraverso una nota dell’ingegnere Andrea Ripoli dell’ufficio edilizia privata del settore urbanistica del Comune, all’avvocatura municipale. Sulla scorta della tempestiva «redenzione» del sacerdote, il legale dell’ente di corso Resina rappresentava come «in assenza di danno ambientale, atteso l’avvenuto ripristino dello stato dei luoghi, veniva a mancare l’elemento essenziale della costituzione di parte civile». Dunque, il Comune – come stabilito attraverso una nuova delibera di giunta – non entrerà a fare parte di un processo destinato, alla luce degli interventi riparatori eseguiti da padre Pasquale Incoronato, a finire con un’ecumenica assoluzione.
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