Il Pontefice incontra a Roma una delegazione di magistrati dell’Anm «Mafie e tangenti sono i principali mali del Paese. Siate indipendenti»Lo aveva detto qualche mese fa: «Non si può credere in Dio ed essere mafiosi». Lo ha ribadito ieri, a margine dell’incontro con una delegazione dell’Associazione Nazionale Magistrati. Lo ha fatto avallando le parole del presidente dell’Anm, Francesco Minisci: «dobbiamo combattere le mafie, e le forme di criminalità organizzata tra le più aggressive al mondo, ma anche il malcostume e la corruzione della pubblica amministrazione, tra i mali maggiori della società italiana». I magistrati accolgono l’appello di Papa Francesco. E lo fanno in un giorno storico. Un giorno in cui il Vaticano – una realtà che in questi decenni non si è dimostrata immune a corruzione e infiltrazioni economico- mafiose – vara il nuovo statuto anti-corruzione. Istituendo, per la prima volta, un vero e proprio organo di controllo per frenare, anche in Vaticano, l’avanzare preoccupante del cancro della corruzione. Un tumore con metastasi in ogni anfratto della nostra società.Una svolta accompagnata dalle parole ripetute dal Pontefice ai magistrati. Parole di speranza e di appello, rispetto a problemi che la politica italiana non riesce ad affrontare.Il Papa, nell’incontro con l’Anm, denuncia le «mille difficoltà» che si frappongono per i magistrati allo svolgimento del loro servizio, compresi i «vuoti legislativi» in campi come l’inizio e fine vita, la famiglia, gli immigrati. Il Pontefice rivolge ai rappresentanti dell’ordine giudiziario anche più di una raccomandazione, tra cui quella «all’indipendenza» e a non rincorrere mai«vantaggi personali». Sono in tutto 80 persone quelle a cui il Papa parla nella Sala del Concistoro ma le sue parole sono quanto mai di portata universale sull’esercizio della giustizia. Si sofferma sull’attuale contesto di «tensioni e lacerazioni», di affievolita «coscienza civica», di «scarsa percezione dei propri doveri» e «diffusa insensibilità per i diritti primari di molti», nel quale «va riaffermato con costanza e determinazione» il «valore primario della giustizia». Si dice quindi «consapevole delle mille difficoltà che incontrate nel vostro quotidiano servizio, ostacolato nella sua efficacia dalla carenza di risorse per il mantenimento delle strutture e per l’assunzione del personale, e dalla crescente complessità delle situazioni giuridiche». Ogni giorno, prosegue, «dovete poi fare i conti, da un lato, con la sovrabbondanza delle leggi, che può causare una sovrapposizione o un conflitto tra leggi diverse, antiche e recenti, nazionali e sovranazionali»; e, dall’altro, «con vuoti legislativi in alcune importanti questioni, tra le quali quelle relative all’inizio e alla fine della vita, al diritto familiare e alla complessa realtà degli immigrati». «Criticità » che per il Papa «richiedono al magistrato un’assunzione di responsabilità che va oltre le sue normali mansioni».
CRONACA
10 febbraio 2019
Il Papa condanna i camorristi. «Mafie e tangenti sono i principali mali del Paese»