Il suo debutto al Festival di Sanremo 2017 (secondo posto e premio della critica con “Canzone per Federica) aveva fatto gridare al miracolo tra le “nuove proposte”, in genere oscene o foraggiate dai talent. Maldestro che scendeva dalle scale dell’Ariston fu un “fatto bello”, ma la notizia fu vederlo salire sul podio. Il cantautorato italiano era ed è vivo e vegeto come i panda, destinati a estinguersi da almeno quarant’anni e invece sempre lì, belli grossi e capoccioni a prendersi beffe della madre di tutte le fake. Certo non fu Sanremo a trasformare Maldestro – al secolo Antonio Prestieri, tenebroso napoletano che ama Gaber – in un vero scrittore di canzoni ma i controcazzi dimostrati anche nel titolo scelto per il nuovo album “Mia madre odia tutti gli uomini”, in distribuzione in questi giorni con tanto di tour nazionale. Insomma la scrittura dei “trentennials” (Brunori, Leo Pari, Motta…) oltre a una spiccata qualità dei testi e dei temi scelti, gode ancora dell’eredità lasciata dai padri costituenti: parola su pietra, come le tavole di Mosè. Fuori dal contesto folk napoletano che ha segnato il cambio generazionale del nuovo neapolitan power, Maldestro “ha scelto di raccontare una parte della sua vita come un flusso di coscienza – si legge nella nota che accompagna la promozione del tour – con dieci storie che ci prendono per mano e ci portano nel suo mondo”. La produzione artistica (timbrata Area Live) è stata affidata a Taketo Gohara, sound designer che ha firmato – tra i tanti dischi di successo – i lavori di Negramaro, Marta sui Tubo e Capossela (nel disco di Maldestro, non a caso, appare anche il chitarrista Alessandro “Asso” Stefana, che per Vinicio è ciò che Marc Ribot è stato per Tom Waits). L’album è stato anticipato dall’uscita del singolo e video “Spine”, seguito dal secondo video estratto “La Felicità”. “È stato naturale scrivere questo disco – spiega Maldestro – sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, che avrei fermato da qualche parte un pezzo della mia vita. Nuda e cruda, tenera e violenta, persino dannata a volte. Averla vinta sul dolore non serve a niente se prima non lo comprendi, è solo un vuoto a perdere. Con il dolore bisogna cooperare, solo in questo modo la ricerca della felicita non porta stanchezza. Questo è un disco che mi toglie l’armatura e quindi, libero di amare”. Una lunga gavetta quella di Prestieri: da giovanissimo a studiare pianoforte ma durante l’adolescenza si avvicina al teatro e da quel momento decide di dedicarsi completamente alla recitazione, alla regia ed alla drammaturgia. Scrive oltre quindici opere e vince numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2013 decide di pubblicare alcune canzoni tra le quali “Sopra al tetto del comune” e “Dimmi come ti posso amare”, brani che gli faranno vincere tra il 2013 e il 2014 numerosi premi (tra i quali il Premio Ciampi, De André, SIAE, AFI, Palco Libero e Musicultura) e che saranno poi contenuti nel suo primo album “Non trovo le parole”, pubblicato il 14 aprile 2015 e con il quale è arrivato secondo alla Targa Tenco come miglior album d’esordio. Maldestro è stato inoltre inserito nell’album del Club Tenco dedicato a De André. Con “Canzone per Federica” Maldestro si è aggiudicato inoltre il Premio Lunezia, il Premio Jannacci, il Premio Assomusica e il Premio Miglior Videoclip. Da allora tantissimi concerti e un album realizzato in acustico in solo, presentando caratteri del tutto diversi dal precedente. Ora con questo nuovo lavoro l’esperienza, dapprima intima e solitaria, diviene racconto di vita.
M|CULT
14 febbraio 2019
Musica: “Mia madre odia tutti gli uomini”, Maldestro si racconta nel nuovo cd