Torre del Greco. Un esercito di 1.738 votanti, cinque volte il numero degli iscritti. «Una festa della democrazia», secondo il segretario cittadino Antonio Cutolo. «La solita pagliacciata», secondo chi si è trovato a osservare i volti smarriti di chi si è sobbarcato una fila di 20 minuti per accontentare i capibastone e i relativi «faccendieri» del Pd impegnati in un nuovo braccio di ferro tra correnti. Le primarie del Pd a Torre del Greco sono racchiuse in una marea di volti «sfocati» e praticamente sconosciuti all’interno della sede di via Circumvallazione, tra cui non mancano gli indagati per il voto di scambio alle elezioni comunali del 2018. Perché a consegnare l’obolo da due euro (il prezzo imposto ai semplici «simpatizzanti» per esprimere le proprie preferenze) al colosso d’argilla oggi guidato dall’ex sindaco degli anni Novanta – praticamente costretto a prendere il posto del dimissionario Massimo Meo, l’ex consigliere comunale pronto a lasciare la poltrona da leader locale dopo la mancata presentazione della lista a sostegno della coalizione guidata da Giovanni Palomba – non è mancato chi già è finito sotto i riflettori della procura di Torre Annunziata.
Il braccio di ferro tra correnti
D’altronde, come in varie città della provincia di Napoli, la corsa alle urne per la scelta del nuovo segretario regionale e del nuovo leader nazionale si è trasformata in un’occasione utile per l’ennesimo scontro tra le correnti del Pd. Alla fine il successo è andato alla «strana coppia» formata dal consigliere regionale Loredana Raia e dal sempreverde Luigi Mennella – gli storici nemici adesso uniti da una sorta di patto di sopravvivenza – capaci di portare Maurizio Martina a sfondare il muro delle mille preferenze, sotto la soglia del 60%. Una vittoria costruita grazie al sostegno dell’amministrazione comunale targata Giovanni Palomba – il primo cittadino ha disertato il seggio di via Circumvallazione, ma ha inviato diversi fedelissimi a partire dal suo vice Annarita Ottaviano – e all’impegno del presidente dell’assise Felice Gaglione, pronto a saldare il debito elettorale con la sua nuova mentore politica dopo anni di vassallaggio con Donato Capone. Il capo dell’assise e la sua partner elettorale Iolanda Mennella hanno votato in serata, dopo una giornata trascorsa a portare «acqua» al mulino di Maurizio Martina. Insieme alla maggioranza non sono mancati pezzi di opposizione come Mario Buono – eletto consigliere comunale con la coalizione guidata da Romina Stilo – e vari volti noti alla politica cittadina: Clelia Gorga – arrivata al seggio insieme alla mamma Patrizia Caputo per la prima votazione da «semplice cittadina», dopo anni di militanza nel Pd – l’ex consigliere comunale Michele Polese con il padre Salvatore Polese e Domenico Maida, l’ex assessore di Ciro Borriello poi passato alla corte dell’onorevole Nello Formisano. A completare «quota mille» il fiume di infermieri e lavoratori dell’ospedale Agostino Maresca, richiamati dall’eterna promessa di rilancio della struttura sanitaria di via Montedoro. Ma le truppe cammellate pronte a rimpinguare le esangui casse di un direttivo in cui si litiga per una stufetta lasciata accesa in sede non sono bastate a segnare la definitiva supremazia a livello locale. Perché i competitor della «strana coppia» sono riusciti – a dispetto dell’esclusione di Ciro Accardo dalla lista dei candidati, lo storico esponente del centrodestra di Torre del Greco era stato «cassato» dalla competizione alla vigilia del voto perchè non iscritto al Pd – a trascinare Nicola Zingaretti sopra il muro dei 600 voti, pari al 37%: numeri su cui Lorenzo Porzio – spalleggiato da Catello Esposito – e la Cgil di Luca Chiusel proveranno a fare leva per cambiare gli immutabili equilibri del primo partito del centrosinistra, rimasto fuori dalla competizione elettorale del 2018 perchè incapace di presentare la lista in tempo. Nel gruppo degli scontenti dell’attuale «guida politica» ci sono, inoltre, i Giovani Democratici capeggiati a livello locale da Domenico Colantuono e guardati a vista da Ilaria Esposito.
Lo scontro per la leadership
Insomma, al netto delle parole del segretario cittadino, la «festa della democrazia» per le primarie potrebbe essere solo l’inizio di una nuova faida all’interno di uno schieramento già dilaniato dagli scontri tra correnti in vista del congresso destinato a «incoronare» il nuovo leader locale. A cui, in primis, spetterà il compito di chiarire la posizione del Pd rispetto all’attuale amministrazione comunale: una posizione, fino a oggi, rimasta un’incognita.
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