«Mi chiamo Raffaele Afeltra e ho deciso di mettere fine alla mia latitanza».
Il boss di Pimonte, detto ‘o borraccione, ha deciso di consegnarsi dopo tre mesi e mezzo di fuga e lo ha fatto lontano da casa.
Ieri mattina, alle 9 circa, ha bussato alle porte del carcere di San Gimignano, in provincia di Siena, consapevole di doversi difendere dalle accuse che lo vedono indagato in una delle inchieste che ha coinvolto camorristi e colletti bianchi: Olimpo.
Dove sia stato durante questo lungo periodo Raffaele Afeltra, resta per ora un mistero. A 61anni, molti dei quali trascorsi dietro le sbarre, ha deciso di smettere di scappare e di «chiarire la sua posizione con la giustizia. Abbastanza sereno e spontaneamente ha deciso di consegnarsi». Così l’avvocato Francesco Attanasio, difensore di Raffaele Afeltra, racconta lo stato d’animo e la decisione del ras dei Lattari.
E se il boss di Pimonte ha deciso di attendere il suo destino in cella, a restare irreperibile è invece Antonio Di Martino, il figlio del boss di Iuvani Leonardo ‘o lione. Una latitanza che era partita nello stesso giorno per entrambi ma che, a oggi, è terminata solo e soltanto per Raffaele Afeltra.
Riesame durante la fuga
Mentre il boss si era dato alla macchia, il suo difensore aveva presentato istanza al Riesame.
Pochi giorni prima della fine dell’anno scorso era arrivato il responso, ovvero la convalida dell’arresto. Coinvolto nell’inchiesta Olimpo anche il fratello del boss, Francesco Afeltra, al quale erano stati “concessi” appena quattro giorni di libertà. Accusati entrambi di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Ma se per Francesco Afeltra si era tentata un’opposizione per un «difetto di notifica», che ha retto per poco, per Raffaele Afeltra si era scelta la strada del Riesame.
Ironia della sorte, proprio la mattina di Capodanno, su ordinanza del gip della Procura oplontina, sono scattate per la seconda volta le manette ai polsi di Francesco Afeltra e dal Riesame è arrivata la mazzata per Raffaele Afeltra, ‘o borraccione: ordinanza confermata.
Gli episodi contestati
Nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che all’inizio del mese di dicembre ha svelato il patto di ferro tra i clan D’Alessandro, Cesarano, Di Martino e Afeltra, a Raffaele Afeltra viene contestata un’estorsione commessa ai danni di un imprenditore caseario di Agerola.
Il titolare dell’azienda sarebbe stato prima intimorito, con il furto dei camion, per poi essere vittima di richieste di pizzo da 12mila euro.
Antonio Di Martino, invece, viene accusato di due episodi. Il primo riguarda una serie di richieste ai danni del titolare di un pastificio di Gragnano.
L’imprenditore, secondo la Dda, sarebbe stato costretto da Di Martino junior a pagare 15mila euro. Il secondo episodio, in concorso con altri indagati, riguarda un’altra estorsione stavolta messa in atto per consentire a una ditta edile ritenuta vicina al clan di incassare più soldi sulla ristrutturazione di un immobile.
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Raffaele Afeltra, 61enne, detto ‘o borraccione considerato il ras di Pimonte. L’uomo si è dato alla fuga dal 5 dicembre scorso, quando scattarono manette per imprenditori ed elementi di spicco della camorra, rientrati nell’inchiesta Olimpo.
Ieri mattina, alle 9, il boss dei Lattari ha varcato l’ingresso del carcere di Siena e si è “spontaneamente” consegnato