Prendiamo gli Stooges, aggiungiamo due dita di Led Zeppelin e un cucchiaino di Black Sabbath, poi shakeriamoli con i Black Flag e i Kiss, coloriamoli di psichedelia californiana ed ecco a voi il “grunge.” Nel lontano 1986 due sognatori, Chris Hanzsek e Tina Casale fondarono la C/Z records pubblicando quella che è considerata la prima compilation di Grunge: Deep Six, nella quale figuravano band come Soundgarden, Green River, U Men, Skin Yard, Malfunkshun e Melvins, che aggredirono con suoni ed urla il nuovo mercato americano di quel periodo. Certamente nessuno immaginava che sei anni dopo accadesse una vera e propria rivoluzione di genere, anche se le idee apparivano chiare e innovative: rabbia punk, aggressività heavy rock, effluvi di psichedelia erano il frutto del background di quegli adolescenti incazzati. Il manifesto generazionale del grunge è stato, senza ombra di dubbio, il brano “Smells like a teen spirit” dei Nirvana e l’intero album “Nevermind”, datato novembre 1991. Per comprendere come si giunse a quel grido di disperazione (che culminerà il 5 aprile del ’94 con la morte del leader Kurt Cobain) bisogna analizzare il testo di Territorial Pissings, uno dei brani più celebri della band: “Quando ero un alieno le culture non erano opinioni, non ho mai incontrato un uomo saggio e se è tale vuol dire che è una donna. Solo perché sei paranoico, non voglio dire che non ti stanno inseguendo, devo trovare un modo, trovare un modo, quando sono lì devo trovare un modo, un modo migliore, sarà meglio aspettare”. L’alieno Kurt trasformò il suo disco Nevermind in un vero e proprio best seller. E nessuno se l’aspettava, compreso noi giovani appassionati che seguivamo la scena di Seattle da un altro emisfero del mondo. Si trattò di un boato nel vuoto che ancora oggi fa eco nelle influenze di migliaia di band (anche affermate) che prendono lezioni da quel disco. I Nirvana non furono create a tavolino, come molti fenomeni musicali attuali. Si trattava di un gruppo di ventenni che si aggrapparono alla filosofia di Seattle, dove era ancora possibile esibirsi in piccoli club di provincia, presentare una demo e farsi produrre da etichette discografiche “realmente indipendenti”, con pochi mezzi a disposizione ma grande voglia di esprimere e comunicare il disagio giovanile attraverso suoni antichi ma estremamente diretti e seducenti (finito il periodo dei transistor e dei suoni sintetici si ritornò al valvolare). La storia di Seattle è forse l’ultima vera storia romantica del rock contemporaneo, per questo vale la pena sempre portarla in auge. Come i miti greci, anche i miti del rock nascono da piccole parabole destinate ad orientare le tendenze, gli stili di vita e la cultura. Basti pensare che Nevermind è stato classificato alla posizione 17 della lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone e alla terza posizione nella classifica dei 100 migliori album di sempre stilata dalla rivista inglese Q. Nel 2005 il disco è stato inserito nella National Recording Registry dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America. Anche per questo di Kurt Cobain, dei Nirvana e di quella fantastica generazioni di fenomeni non si potrà mai parlare al passato.
(alfonso bruno)