La crisi e le colpe della sinistra. Non si ferma il dibattito lanciato da Metropolis sul presente, ma soprattutto sul futuro dei riformisti in Italia e nel nostro territorio. Carlo Giordano, sindacalista, coordinatore provinciale de La Sinistra Italiana è critico, molto critico, su ciò che è accaduto negli ultimi anni.
«La verità? Siamo morti anche per un politicismo eccessivo. Nuove sigle, nuove alleanze, abbiamo pensato più ai tatticismi che all’attività politica reale. Basti vedere cosa ha fatto Greta da sola e cosa non abbiamo fatto noi».
Solo colpa vostra, Giordano?
«Sicuramente c’è una colpa della sinistra. Non possiamo far finta di niente. Ma tuttavia bisogna evidenziare che c’è un’onda di populismo mondiale che cambia e ha cambiato gli equilibri in campo. Bolsonaro, presidente del Brasile, paese trainante del Sud America è esponente di estrema destra e da sempre vicino agli ambienti della dittatura in Brasile. Trump negli Stati Uniti è espressione della peggiore destra americana, basti vedere cosa sta producendo in America, anche da un punto di vista di segnali, come la parata militare il 4 luglio. Poi in Europa i populismi e i nazionalismi riprendono vigore».
Non è un po’ semplicistico dire che siccome gli altri sono più forti allora la sinistra scompare?
«Ma io non credo che non si possa fare nulla, altrimenti non farei politica. Anche se, bisogna essere chiari, ci sono dei momenti dove è più facile per le destre e per i populisti dare risposte che per la sinistra. In questo le destre populiste sono state abili a sfruttare le crisi economiche prodotte dalla globalizzazione. E’ facile dire chiudiamoci nelle nostre nazioni. E’ rassicurante, ma ci porterà verso nuovi conflitti. Una prospettiva contro la quale la sinistra dovrebbe lavorare».
Però Giordano bisognerebbe capire di quale sinistra si parla: quella sua o quella di De Luca che, per esempio, sulla vicenda di Carola Rackete parla con lo stesso linguaggio di Salvini?
«Queste posizioni rendono tutto più complicato. Mi chiedo quale sia l’alternativa? Essere un po’ meno razzista rispetto ai razzisti? Meno aggressivi rispetto alla Lega? Sinceramente se è questa la strategia mi sembra una follia. Invece credo che dovremmo rispondere con parole d’ordine diverse pur nella difficoltà del momento. Per molto tempo la sinistra moderata ha prestato il fianco alla globalizzazione, ci sono stati leader come D’Alema e Veltroni affascinati dalla famosa terza via di Blair. Tutta questa impostazione legata comunque a un’idea che l’economia vada lasciata libera di fare e che non ci fosse più alternativa di società possibile non ha aiutato la sinistra».
Quindi la strada qual è?
«La sinistra deve lavorare a un’alternativa di società. Non si può pensare che la conquista di qualche diritto civile sia un elemento che ti fa dimenticare i diritti sociali».
Eppure proprio ieri quelli che voi accusate di aver ridotto il Pd a un partito di centro hanno attaccato gli stessi Pd sul caso migranti.
«Guardi, è paradossale ciò che dice Renzi che sta giocando la sua battaglia, dopo essere stato disastroso per questo Paese. Il Pd è un partito che dovrebbe essere la sinistra moderata che non ha eguali in Europa. Ma ciò che manca nel nostro Paese e del quale tutti dobbiamo essere responsabili è una sinistra non moderata che parli e interpreti le difficoltà della società».
E come si fa? Non mi dirà anche lei che bisogna tornare a parlare alla gente?
«Posso citarle il comandante Marcos, uno che di rivoluzioni se ne intendeva?»
Certo che può.
«Ecco, bisogna camminare domandando. Questo diceva Marcos. La fiducia si riconquista sulle cose, sugli argomenti. Io non credo che si possa pensare, e parlo per la Sinistra Italiana, di arrivare e dettare la linea. Bisogna stare sulle cose e stare sulle vertenze che pure ci sono in giro per il Paese. Essere dalla parte di associazioni, di quelle cooperative sociali che non hanno rappresentanza. Dobbiamo capire quali sono i problemi delle persone, stare vicino ai lavoratori e alle lavoratrici non in maniera virtuale, o davanti alle telecamere, ma dando risposte concrete. Io sono d’accordo con quanto dice Landini o economisti come Emiliano Brancaccio».
Su cosa, ad esempio?
«Sulla vicenda migranti è mai possibile che dobbiamo stare sulle cose che ci detta Salvini e non possiamo dire che il problema non sono gli spostamenti dei migranti ma quelli dei capitali? A un lavoratore italiano cosa comporta? Nulla, perché lo dicono i numeri. Le crisi di cui parliamo sono quelle delle aziende che chiudono perché se ne vanno dove pagano meno. Il nostro nemico sono i grandi interessi che fanno spostare capitali. In Europa, allora, parliamo di questo invece che di parlare di 40 poveracci in mezzo al mare che non fanno male a nessuno».