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Poca attenzione alla corruzione’, l’addio amaro di Cantone. “Il posto di lavoro è la nuova tangente”
CRONACA
17 ottobre 2019
Poca attenzione alla corruzione’, l’addio amaro di Cantone. “Il posto di lavoro è la nuova tangente”
Redazione

NAPOLI  – La corruzione in Italia cambia pelle, mimetizzandosi in nuove modalità: non più solo mazzette, la nuova tangente ora è il posto di lavoro. E in generale, per reati legati a questi fenomeni, ogni dieci giorni vengono eseguiti degli arresti in Italia. Ma “la parola corruzione nell’ultimo periodo è quasi scomparsa dall’agenda. Sembra quasi nessuno non se ne occupi”. Sono le parole amare del presidente dell’Anac, Raffaele Cantone che, con la presentazione di un dossier sull’ultimo triennio, dà il uso addio all’Autorità Anticorruzione. Nessun ripensamento rispetto a quanto aveva già annunciato nei mesi scorsi e in anticipo sulla scadenza del mandato, prevista a marzo 2020: “La prossima settimana rientro in magistratura”, ha ribadito. Cantone tornerà quindi all’Ufficio del Massimario della Cassazione.    Dopo aver snocciolato i dati sugli affari illeciti in Italia tra il 2016 e il 2019, il magistrato ha sottolineato che “il tema corruzione è scomparso dai riflettori. Sono oggettivamente preoccupato – ha detto -, lo ho già fatto presente in sede delle apposite commissioni, dell’abbassamento di una serie di regole di cautela nel sistema di legge sugli appalti. Non so se sia frutto o meno di una diversa sensibilità ma registro questo dato”.

Non mancano riflessioni che evidenziano delle divergenze sul nuovo decreto fiscale annunciato dal governo: “È giusto dare un segnale. Va bene inasprire le pene ma non è con le manette che si vince l’evasione, così come per la corruzione”, ha commentato il presidente dell’Anac. Cantone ha sottolineato l’importanza della prevenzione per evitare a monte che si verifichino questi tipi di reato, spesso protratti per anni. E – secondo la fotografia scattata dall’Anticorruzione – nel Paese ci sono nuovi mutamenti che riguardano proprio la corruzione dove, anche se il denaro continua a rappresentare il principale strumento dell’accordo illecito, il posto di lavoro si configura come la nuova merce di scambio. Soprattutto al Sud l’assunzione di coniugi o familiari è stata riscontrata nel 13% dei casi. Il ricorso alla mazzetta avviene nel 48% delle vicende, spesso per importi esigui (2.000-3.000 euro ma in alcuni casi anche 50-100 euro appena) e talvolta come percentuale fissa sul valore degli appalti. Altri scambi riguardano l’assegnazione di prestazioni professionali (11%), specialmente sotto forma di consulenze o le regalie (7%). Ma ci sono anche benefit più insoliti (21%), come benzina, pasti, pernotti o ricompense attraverso ristrutturazioni edilizie, riparazioni, servizi di pulizia, persino traslochi o il pagamento di escort.

In generale, tra l’agosto 2016 e i tre anni successivi sono state 117 le ordinanze di custodia cautelare per corruzione spiccate dall’Autorità giudiziaria e correlate al settore degli appalti. Tra le regioni, la maglia nera va alla Sicilia, seguita da Lazio e Campania. Analizzando i provvedimenti della magistratura, i casi emersi sono 152, uno a settimana. Le uniche regioni a non essere interessate da arresti nel periodo di riferimento sono state Friuli e Molise. In particolare, sono stati 207 i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione. Tra questi, 43 politici arrestati: 20 sindaci, 6 vice-sindaci, 10 assessori (più altri 4 indagati) e 7 consiglieri. I Comuni rappresentano gli enti maggiormente a rischio, come si evince anche dalla disamina delle amministrazioni in cui si sono verificati episodi di corruzione: il 41% dei casi hanno avuto luogo proprio nei municipi, seguiti dalle società partecipate (16%) e dalle Aziende sanitarie (11%). Il settore più a rischio è quello legato ai lavori pubblici, seguito da quello dei rifiuti e quello sanitario.

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