NAPOLI – È un “vecchio signore” della camorra, ha 84 anni, ed ha mediato, per almeno 30 anni, tra i vari clan in lotta facendo in modo che il suo piccolo gruppo malavitoso – chiamato la “piccola Svizzera” – avesse un ruolo strategico nella spartizione degli affari illeciti che si muovo attraverso il Porto di Napoli, snodo fondamentale per i traffici delle due più importanti federazioni criminali: l’Alleanza di Secondigliano e i clan che fanno riferimento alla famiglia Mazzarella.
Lo si può descrivere così Carmine Montescuro per il quale il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere malgrado l’età. Oggi complessivamente sono state arrestate dalla Polizia 22 persone. Chi lo conosce e chi ci ha avuto a che fare ne riconosce la sagacia, la sapienza e la conoscenza circostanziata degli ambienti criminali partenopei che gli hanno consentito di ricoprire per molti anni, mantenendo sempre un profilo basso, il ruolo di ambasciatore tra i cartelli camorristici. Oggi è stato arrestato, nell’ambito di una operazione della Squadra Mobile della Questura di Napoli, coordinata dalla DDA (pm Antonella Fratello e Henry John Woodcock).
Soprannominato “zi mumuzz”, Montescuro ha anche preso parte, nel 2002, a un summit in un ristorante del Borgo Marinari, con i vertici di importanti clan, tra i quali Beppe Missi, il capo dei Mazzarella e due referenti di primo priano dei clan Contini e Licciardi. Infine, fece da paciere, regalando anche una collanina d’oro a Ciro Sarno, boss dell’ominimo clan, in una diatriba sorta con il clan Formicola, ritenuto responsabile dell’omicidio di un affiliato ai Sarno.
Tangente mensile anche alla cooperativa di ex detenuti
Insieme con un’altra persona arrestata, Nino Argano, 55 anni, Carmine Montescuro, 84 anni, ritenuto dalla DDA capo di un gruppo camorristico napoletano di Sant’Erasmo, avrebbe imposto il pizzo anche a una cooperativa di ex detenuti, la “Salus”. La circostanza emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Napoli Alessandra Ferrigno. Si tratta di una corresponsione continua di denaro ottenuto minacciando ritorsioni. Il pizzo, mensile, ammontava a tremila euro, corrisposti fino a quando la sede della cooperativa si trovava nel “territorio” del gruppo camorristico. In una intercettazione ambientale che risale al maggio 2017, gli interlocutori (Nino Argano e Carmine Montescuro) sono in una auto e dalla conversazione si evince che la cooperativa di ex detenuti a causa del fitto troppo alto aveva lasciato la sede di Sant’Erasmo ma nella zona dove si erano spostati pagavano al gruppo criminale locale un pizzo più alto. Nino Argano (anche lui tra gli arrestati, ndr): “O’ zì, io so che pagavano (la cooperativa, ndr) assai…e adesso hanno trovato una cosa di meno…”. Carmine Montescuro: “…a noi pagavano 3mila euro al mese…” Nino Argano: “…quando mai … 0′ zì, qua pagavano 12mila euro al mese a Napoli. Ottomila o 12mila euro al mese..”. Carmine Montescuro: “…Argà, quelli (la cooperativa) stanno piangendo che vogliono tornare …”. Nino Argano: “…perché stanno troppo lontano, là pagano…” Carmine Montescuro: “…sì, sì, si prendono di più”.
Pizzo anche sulle bonifiche dei siti Kuwait
Hanno imposto il pizzo anche a tre ditte impegnate nella bonifica dei siti della società petrolifera Kuwait Raffinazione e Chimica spa, che si trovano nella zona orientale di Napoli, 7 dei 23 destinatari della misure cautelari emesse dal gip Alessandra Ferrigno nell’ambito dell’indagine denominata “Piccola Svizzera” della Squadra Mobiledi Napoli e della DDA. Tra gli arrestati figurano il capo del gruppo camorristico dei Montescuro, Carmine, 84 anni, suo figlioAntonio, il nipote omonimo e il suo braccio destro Nino Argano,di 55 anni. Secondo quanto emerso dall’attività investigativa i sette, tra cui figura anche l’84enne Carmine Montescuro, avrebbero costretto i quattro titolari delle ditte a esborsare continuamente somme di denaro (qualche decina di migliaia di euro) minacciando ritorsioni. Estorsioni che sarebbero stateperpetrate dal febbraio al maggio 2017. Tre degli arrestati, infine, Carmine Montescuro, Nino Arganoe un’altra persona, secondo gli investigatori, hanno costretto, a titolo di estorsione, l’amministratore di una ditta che si occupa di commercio estero industriale, a vendere una imbarcazione del costo di svariate centinaia di migliaia di euro a poche decine di migliaia di euro.