«Dirò a tutti di non comprare più Metropolis». Eccola di nuovo quella subdola frase dall’odioso sapore di minaccia. Il seme di una campagna diffamatoria, la prova di quanto sconosciuta sia l’arte del confronto, la dimostrazione di quanto sia facile perdersi sulla strada che conduce alla delegittimazione e all’emarginazione. Pronunciarla è come additare il nemico, isolarlo, indebolirlo e darlo in pasto al popolo. Questa frase l’hanno urlata i potenti che preferiscono il silenzio ai titoloni. A volte per sottolineare la propria capacità di condizionamento, altre con la speranza di creare dipendenza e servilismo. E del resto, picconare la libertà di stampa è un esercizio caro anche a chi governa. Stavolta però è diverso, stavolta dall’altro capo del telefono c’è un monsignore, don Raffaele Russo. Un uomo che per mestiere, ammesso che avessimo sbagliato, dovrebbe illuminarci con l’arma della misericordia. E invece, siamo certi involontariamente, ci casca anche lui.
Anzi, ci ricasca. Perché qualche tempo fa aveva detto una cosa simile dal pulpito della Basilica dell’Ave Gratia Plena, la Chiesa dei torresi che custodisce la Vergine Bruna, protettrice della città ripescata a Rovigliano un 5 agosto di qualche secolo fa e portata in spalla ogni 22 ottobre, giorno in cui, si narra, fermò la lava del Vesuvio. A don Raffaele Russo non sono piaciuti i titoli di Metropolis sulle «strane soste» lungo il percorso della processione, che guarda caso da oggi sono anche oggetto d’indagine. Non abbiamo emesso sentenze, abbiamo riportato semplicemente un colloquio avvenuto in strada tra lo stesso parroco, i portatori del Quadro e il commissario di polizia, che all’ennesima sosta ha minacciato di fermare il corteo. Nessun tentativo di infangare la tradizione, ma il solo dubbio che la fede possa essere strumento di reverenza alla criminalità deve indignare, non dividere. Deve essere lo sprone per andare fino in fondo alla verità, senza essere ambigui. Se invece la reazione è pensare di isolare un giornale di denuncia, allora qualcosa non va.