di Rocco Traisci
Mettici una lingua arcana che parla d’amore, la magia di un colpo di tacco e la punta spigolosa delle imprecazioni, mettici tutto questo in una canzone e falla parlare al mondo, vedrai che il mondo risponderà. Cesare Basile non è solo uno dei maggiori esponenti della musica folk rock italiana ma anche un siciliano atipico come tutti i siciliani di vulcano. La sua carriera ormai trentennale custodisce inni di libertà e resistenza, di rabbia e amore malato e nemmeno dopo la definitiva svolta dialettale Basile arretra di un millimetro la sua camminata al precipizio. Anzi, la maturazione della sua scrittura “diventa” precipizio. Da Naxos a Tindari, di fronte all’arcipelago delle Eolie, i siciliani di vulcano appoggiano le loro camminate sulla cresta di una brace, ma nessuno si lamenta. E’ un popolo aspro, quello catanese. Vista da altezza cratere la via Etnea sembra aperta da un escavatore, si srotola verso piazza Stesicora come un tappeto di lapilli e si dipana nei vicoli della vecchia Catania. Anche la camminata di Basile è obliqua, come le parole di gola e i mozzichi sulle labbra, come i suoi “caminanti” e la nuova suggestione di chi si “addinucchia” davanti al camino e infila i ricordi nei tizzoni.
La piccola Seattle.Nei primi anni ’90 la presenza di Hugo Race a Catania passava praticamente inosservata. L’alter ego di Nick Cave sin dai tempi dei Birthday Party e pilastro dei Bad Seeds cazzeggiava tutte le sere in mezzo agli artisti in pieno centro storico, sorseggiando il solito bicchiere di Frappato. E nessuno si meravigliava. Un altro australiano, Jon Bonnar dei Dead Can Dance, a Catania ci vive da quando nel ’94 – insieme a Hugo Race – si occupò della produzione e degli arrangiamenti orchestrali di un cantautore trentenne dal viso opaco e il passo da fumatore: era Cesare Basile, tornato a Catania dopo gli anni berlinesi dei Quartered Shadows e già considerato un musicista dall’appeal internazionale che aveva condiviso il palco coi Primus e i Nirvana. Il proliferare di band, realtà antagoniste, concerti e label indipendenti alimentava il mito catanese della “piccola Seattle”, come scrisse la rivista Rolling Stones. Il produttore americano Steve Albini pescò dalla cantine catanesi gli Uzeda (unica band italiana insieme alla Premiata Forneria Marconi ad aver mai preso parte alla celebre trasmissione di John Peel negli studi della BBC di Londra) mentre Basile entrava in studio per inaugurare la carriera da solista.
La discografia e il rifiuto del Premio Tenco. Tornato stabilmente a Catania nel ‘94, Basile pubblica gli album “La Pelle”, “Stereoscope” e “Closet Meraviglia” (quello di Race e Bonnar), primo vero esperimento d’autore. Seguono altri due lp, Gran Calavera Elettrica (2003, Mescal) e Hellequin Song (2005, Mescal) prodotti da John Parish. A Milano fa parte della superband Songs With Other Strangers, con Manuel Agnelli, lo stesso Hugo Race, Marta Collica, Stef Kamil Carlens, Jean-Marc Butty e Giorgia Poli degli Scisma. Nel gennaio 2006 pubblica un album registrato dal vivo dal titolo “14 06 2006”, realizzato grazie al locale milanese Casa 139. Nel 2008 esce il sesto album in studio, “Storia di Caino”, con Robert Fisher (Willard Grant Conspiracy) già apparso nella formazione live. Intanto pubblica un romanzo, firma produzioni e collaborazioni, nel 2011 è tra gli attivisti che occupano il Teatro Coppola per finanziare e promuovere la battaglia per i diritti d’autore. Il 2 ottobre 2013 Basile si aggiudica la Targa Tenco nella categoria “miglior album in dialetto” ma in seguito a una forte polemica tra la SIAE e il Teatro Valle Occupato rinuncia a ritirare la Targa. “Tu prenditi l’amore che vuoi” precede gli album della definitiva conversione dialettale: “U fujutu su nesci chi fa?” e “Cummeddia”, il disco che presenterà dal vivo sabato 25 ottobre sul palco dello Scugnizzo Occupato a Napoli.