Torre del Greco. «Conoscete palazzo D’Avalos a Napoli? è nostro, appartiene a tutti gli obbligazionisti: vale un tesoro, dovete stare tranquilli». Quando a fine gennaio 2012, cento giorni prima del fallimento della Deiulemar compagnia di navigazione, il capitano Michele Iuliano provò a scacciare – durante un’affollata assemblea organizzata all’interno della sala ristorante dell’hotel Sakura – ogni fantasma dallo storico fiore all’occhiello dell’economia all’ombra del Vesuvio, diversi risparmiatori tirarono un sospiro di sollievo. In effetti, palazzo D’Avalos – il monumentale edificio realizzato nel XVI secolo in via dei Mille a Napoli – rappresentava all’epoca un vero e proprio tesoro immobiliare, il cui valore oscillava intorno ai 60 milioni di euro: una somma sufficiente – alla luce del 45% di quote detenute dalle società satelliti della Deiulemar compagnia di navigazione – a rassicurare chi aveva posto la propria cieca fiducia nel «capitano» poi stroncato da un improvviso e sospetto malore a distanza di tre mesi. In sette anni, tuttavia, lo scenario è completamente cambiato. E non solo perché il complesso di Chiaia cade pericolosamente a pezzi, ridotto in uno stato di completo degrado.
La guerra su quote e cifre
Dal fallimento da 800 milioni di euro della cosiddetta Parmalat del Mare fino a oggi diversi sono stati gli incontri tra i vari titolari delle quote di proprietà di palazzo D’Avalos: il principe ereditario, Corrado Ferlaino – l’ex patron del Napoli di Diego Armando Maradona – e i figli nonché la curatela fallimentare della Deiulemar compagnia di navigazione. L’immobile, infatti, può essere venduto solo interamente – non in vari lotti, come accaduto per diversi beni della galassia Dcn – e non ci sono azionisti di maggioranza con pacchetti di quote superiori al 50%. Pertanto, palazzo D’Avalos è stato – a dispetto dei lavori di ristrutturazione recentemente finiti sotto i riflettori della procura di Napoli per presunte irregolarità – praticamente abbandonato, perdendo così buona parte del proprio valore. Una circostanza su cui si sono buttati a capofitto Corrado Ferlaino e i suoi due figli, titolari di una società con quote di minoranza. Nelle scorse settimane, l’imprenditore – già protagonista di un’audace operazione finanziaria grazie a cui la storica villa Aprile a Ercolano è stata trasformata nel lussuoso albergo Miglio d’Oro – ha formulato alla curatela fallimentare della Deiulemar compagnia di navigazione una proposta d’acquisto delle quote detenute dalla Dcn.
Il «no» all’elemosina
La proposta di Corrado Ferlaino è stata rappresentata al comitato dei creditori – presieduto da Vittorio Porzio e composto da Antonio Cirillo, Monica Cirillo, Michele Romano e Antonio Romano – durante un apposito incontro organizzato presso il quartier generale della curatela fallimentare della Dcn a Pompei. Davanti all’irrisoria cifra offerta dall’ex patron del Napoli per l’acquisto delle quote di palazzo D’Avalos – leggermente inferiore ai quattro milioni, in pratica briciole – i rappresentanti dell’esercito di 13.000 vittime del grande crac non hanno avuto dubbi: «A cifre del genere, non si apre neanche la discussione», il muro eretto dal comitato dei creditori. Pronto a bocciare l’ipotesi-svendita e a mantenere le quote di palazzo D’Avalos nel «portfolio» del fallimento della Deiulemar compagnia di navigazione.
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