C’erano tanto di siti internet che pubblicizzavano false aste immobiliari, riconducibili a inesistenti studi legali. Il compratore versava un acconto di circa 20mila euro ma la casa non la vedeva; nel frattempo, i siti chiudevano e il denaro, dopo vorticosi giri su vari conti correnti, era investito in Bitcoin. L’indagine, coordinata dal pm di Milano Carlo Scalas e dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco ed eseguita dagli agenti della dalla Polizia Locale di Milano, comandati da Marco Ciacci, ha messo in rilevo i “nervi scoperti” del sistema delle criptovalute, per dirla con i magistrati. In questo caso, infatti, sono state disattese tutte le norme previste dal Decreto legge 231 del 2007 e il denaro è stato reso tracciabile solo con il contributo della task force di Banca d’Italia che affianca la Procura del capoluogo lombardo. Gli indagati, due uomini e una donna, residenti nel Napoletano, che risulta non abbiano mai presentato la dichiarazione dei redditi, hanno acquistato e rivenduto valute virtuali per conto dei soggetti autori delle truffe delle false aste immobiliari, senza provvedere alle identificazioni, alle verifiche e alle segnalazioni imposte dalla Legge. Un centinaio le persone truffate per un giro d’affari superiore ai due milioni e mezzo di euro in un anno e mezzo. Quando i tre sono stati perquisiti con l’accusa di truffa e riciclaggio, sono stai trovati in possesso di quasi 200mila euro in contanti e numerosi orologi di valore. Dagli inquirenti e investigatori e dal vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, che ha la delega alla Sicurezza e alla Polizia locale, un avvertimento: “Tutti potremmo essere vittime di truffe come queste”. Da qui l’invito a verificare attentamente le proposte anche perché, molto spesso, gli immobili falsamente messi all’asta si ripetono sui vari siti, e un consiglio prima di fare operazioni: avere sempre un contatto fisico con il venditore o i suoi intermediari.
CRONACA
14 novembre 2019
Denaro da truffe immobiliari riciclato con i Bitcoin