Utilizzavano un linguaggio criptico e parlavano di “appartamento”, “asparagi” o “motosega”, per riferirsi al materiale archeologico con cui alimentavano, attraverso un sistema radicato nel crotonese, un circuito internazionale di vendita clandestina di reperti risalenti dal IV al III secolo avanti Cristo di cui facevano razzia in importanti siti come “Apollo Aleo” a Cirò Marina o “Castiglione” a Paludi o altri. É stata definita “Criminalità archeologica calabrese” l’organizzazione smantellata dai carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, che hanno arrestato 23 persone in tutta l’Italia. Eseguite 80 perquisizioni, alcune delle quali, con il coordinamento di Europol ed Eurojust, anche in Gran Bretagna, Francia, Germania e Serbia. Due sono finiti in carcere: Giorgio Salvatore Pucci, di 59 anni, di Cirò Marina, e Alessandro Giovinazzi, di 40, di Scandale. Per altri 21 sono stati disposti i domiciliari nelle province di Crotone (13), Milano (2), Perugia (2), Catanzaro (1), Benevento (1), Matera (1) e Fermo (1). L’accusa, per tutti, è associazione a delinquere finalizzata al danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali, ricettazione ed esportazione illecita. L’organizzazione sarebbe stata in grado di gestire tutte le fasi del traffico illecito di reperti. In particolare, attraverso un gruppo di tombaroli in loco, riusciva ad approvvigionarsi di materiale destinato al mercato clandestino e, per la successiva commercializzazione in Italia e all’estero, poteva contare su una fitta e complessa rete di ricettatori. Le indagini hanno consentito di documentare tutti i passaggi con intercettazioni, riprese video (anche tramite l’utilizzo di un drone che ha ripreso i tombaroli all’opera), pedinamenti e sequestri fino alla vendita finale a collezionisti. Il gruppo criminale non si è fatto scrupolo di utilizzare, per gli scavi clandestini, anche un escavatore e, nella circostanza, solo l’intervento dei carabinieri ha impedito che venisse attuato uno scempio. A casa di uno dei capi della rete sono stati recuperati diversi reperti che erano nella sua disponibilità, tra cui cinque vasi e lucerne in terracotta, piatti con scene di animali, fibule e monili vari. Sono stati sequestrati anche mezzi meccanici e attrezzature tecniche. Tutto materiale il cui valore ammonta a diversi milioni di euro. Il ministro per i Beni e le Attività culturali e il Turismo Dario Franceschini ha sottolineato l’importanza della cooperazione con altre forze di polizia europee, parlando di “un’operazione che dimostra ancora una volta l’eccellenza del Comando dei carabinieri che opera dal 1969 a difesa del patrimonio culturale italiano”. “Crotone – ha sostenuto, dal canto suo, il Procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia – deve rendersi conto che è al centro di interessi internazionali e custodisce un tesoro, e spesso i crotonesi se lo dimenticano, che accende gli appetiti illegali di mezzo mondo: per questo servono segnalazioni da parte di tutti che denuncino chi impoverisce questo territorio”.
CRONACA
18 novembre 2019
Traffico di beni archeologici, 23 arresti e 80 perquisizione