Cinquant’anni di storia, di dolore, di processi e depistaggi – da quel 12 dicembre del ’69 in cui una bomba di matrice neofascista causò 17 morti e oltre 80 feriti in piazza Fontana – sono risuonati negli interventi nella sala del Consiglio comunale di Milano durante la commemorazione del 50/o anniversario dell’eccidio, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha voluto esserci perché “l’identità della Repubblica è segnata dai morti e dai feriti della Banca Nazionale dell’Agricoltura”. Per Mattarella, infatti, quell’ordigno fu “uno strappo lacerante; recato alla pacifica vita di una comunità e di una Nazione, orgogliose di essersi lasciate alle spalle le mostruosità della guerra, gli orrori del regime fascista, prolungatisi fino alla repubblica di Salò, le difficoltà della ricostruzione morale e materiale del Paese”. E, avverte il presidente, “il trascorrere del tempo non colloca tra gli eventi vecchi e da rimuovere l’attacco alla democrazia portato in quegli anni: non commetteremo l’errore di pensare che siano questioni relegate a un passato più o meno remoto”. Sono stati anni durante i quali “l’attività depistatoria di una parte di strutture dello Stato” è stata “doppiamente colpevole”. Si trattò di “un cinico disegno, nutrito di collegamenti internazionali a reti eversive” che “venne sconfitto”, in quanto “la Repubblica è stata più forte degli attacchi contro il popolo italiano”.
Mattarella associa alla memoria delle vittime della strage l’anarchico Giuseppe Pinelli, morto precipitando dalla questura alcuni giorni dopo, e il commissario Luigi Calabresi a cui una campagna di stampa attribuì la morte del ferroviere libertario e che fu ucciso nel ’72, secondo sentenza definitiva, da un gruppo di Lotta Continua. Prima aveva incontrato le vedove di Pinelli, Licia (“oggi siamo a una svolta”, ha commentato), e quella di Calabresi, Gemma, sulla scia di quanto fece il suo predecessore, Giorgio Napolitano, davanti al quale si incontrarono per la prima volta nel 2009. “Nel momento in cui facciamo memoria delle vittime di piazza Fontana, e, con loro di Giuseppe Pinelli, del commissario Luigi Calabresi, sappiamo di dover chiamare le espressioni politiche e sociali del Paese, gli uomini di cultura, l’intera società civile, a un impegno comune: scongiurare che si possano rinnovare in Italia le fratture terribili in cui si inserirono criminalmente quei fatti”. Attenzione, è il monito del presidente, a “disinvolte manipolazioni strumentali del passato, persistenti riscritture di avvenimenti, tentazioni revisioniste alimentano interpretazioni oscure entro le quali si pretende di attingere versioni a uso settario, nel tentativo di convalidare, a posteriori, scelte di schieramento, opinioni di ieri”. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala fa eco al presidente quando annovera Pinelli, Pietro Valpreda, il ballerino anarchico arrestato per la strage e scagionato dopo anni di carcere, e Calabresi tra le vittime di quella scia di sangue scaturita da Piazza Fontana. “Penso che chi come me rappresenta la comunità milanese, debba scusarsi con Pietro Valpreda e Giuseppe Pinelli, per la loro persecuzione. Un sentimento di grata memoria che vale anche per il commissario Luigi Calabresi, un servitore dello Stato che fu ucciso dopo una campagna d’odio aggressiva”. I nomi di Pinelli e Valpreda anche a conclusione del corteo davanti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura (le luminarie natalizie sono rimaste spente in segno di rispetto). Li ha citati la presidente dell’Anpi, Carla Nespolo. “Quando giunse la notizia di Pinelli, non credemmo al suicidio”, ha detto nel suo discorso e subito dalla piazza si è levato un applauso, che si è ripetuto quando Nespolo ha ricordato ancora “gli innocenti Pinelli e Pietro Valpreda”.