Il rischio maggiore è quello della sindrome da “occhio secco” o “dry eye”, patologia che colpisce il film lacrimale e la superficie oculare e determina seri disturbi visivi. E a soffrirne non sono solo gli adolescenti ma anche gli adulti che utilizzano computer e smartphone per lavoro. Non sono infatti solo i teen ager a trascorrere intere giornate con gli occhi incollati su strumenti elettronici, ma anche impiegati, liberi professionisti e insegnanti. Una “cattiva abitudine” che ormai si sta diffondendo sempre più sia nelle relazioni umane che nel mondo lavorativo. Da qui l’allarme lanciato da Vincenzo Orfeo, dirigente dell’unità operativa di Oculistica alla Clinica Mediterranea di Napoli e docente per la Superficie oculare all’Università di Trieste: «Ci troviamo di fronte a un cambiamento della società, che fino a pochi anni fa vedeva l’utilizzo di libri in una forma materiale o di fogli per scrivere una lettera. Negli ultimi anni invece questi mezzi tradizionali sono stati soppiantati da tablet, telefoni cellulari e personal computer di ultima generazione. Ma i nostri occhi non sono “allenati” per questo. Ogni 5-10 secondi sbattiamo le palpebre per un ammiccamento e questo è fondamentale per ripristinare il film lacrimale su tutto l’occhio e mantenerlo umido». «Il nostro cervello interpreta come un momento di particolare attenzione il lavoro al computer – aggiunge Orfeo – e questo comporta che riduce il battito delle palpebre fino a cinque volte. Per cui noi possiamo anche stare 25-30 secondi con gli occhi sbarrati, perché stiamo leggendo o lavorando al computer. Ovviamente, dopo 5-10 secondi, le lacrime che si sono superficializzate sulla cornea si asciugano e abbiamo micro danni da secchezza. Moltiplicando questa cosa per tutta la giornata iniziano i problemi. Involontariamente il cervello blocca o riduce l’ammiccamento delle palpebre e questo è uno dei motivi per cui le lacrime che ci sono evaporano». Il problema nasce per tutte le persone che lavorano l’intera giornata al pc: «I nostri occhi hanno una grande capacità di recupero, ma se una persona resta 8 ore davanti a un videoterminale ciò non avviene. Gli adolescenti hanno una capacità di recupero maggiore degli adulti, però è chiaro che a volte stressano la loro vista esagerando con tablet e smartphone. Quando si è stati 10-15 minuti, bisogna poi distogliere un po’ lo sguardo». Ma sono gli adulti in particolare a correre il rischio di andare incontro a una situazione molto fastidiosa che è la malattia da “dry eye” (la sindrome da “occhio secco”): «Un consiglio è quello di lavorare con videoterminali o smartphone cercando però di distrarsi quando possibile, per i ragazzi che studiano ripetere magari ripetere a voce alta guardando altro e non sugli schermi di cellulari e computer».
CRONACA
13 dicembre 2019
Oculistica, l’allarme dello specialista: “In aumento casi di dry eye per chi passa ore al pc”