Capodanno al bivio tra voglia di evasione e lusso con salmone e aragosta a tavola, e scelte ecosostenibili nella spesa in pescheria. La tradizione per il cenone del 31 con menu di pesce è salva, ma per gli italiani si apre il dilemma tra la freschezza e il gusto pop del pescato locale rispetto al richiamo del cibo cosmopolita e “en rose” per una notte: astice o gamberone che sia. Ma gusto e freschezza delle alici, sgombro e sugarello possono segnare il crepuscolo dei buffet a base di aragoste e salmone. Ne è convinto Antonino Miccio, direttore dell’Area marina protetta “Punta Campanella”, che, insieme a Slow Food Campania, ha lanciato un appello in vista del cenone di Capodanno: “compriamo pesce povero, eccedentario e locale. È buono e fa bene alla biodiversità del nostro mare e alla piccola pesca artigianale”. “I pesci – ha precisato Carmela Guidone, coordinatrice del Centro di educazione ambientale dell’Area marina “Punta Campanella” in occasione del ciclo di 20 cene ecosostenibili Bluefish – che sarebbe preferibile non consumassimo, perché sono in via di estinzione o perché frutto di pratiche di pesca o allevamento non sostenibili sono: salmone, il tonno rosso, i bianchetti, la corvina, la magnosa, il pangasio, il merluzzo, la cernia bruna.
Da non consumare mai – ha ricordato – i datteri di mare, la cui vendita è illegale. Le specie che invece sarebbe preferibile consumare sono quelle eccedentarie, le cui popolazioni vivono in abbondanza nei mari italiani e del mondo. Ad esempio sarebbe preferibile il pesce azzurro che può vantare preziose qualità nutrizionali. Sarebbe preferibile consumare: aguglia, sgombro, sugarello, palamita, zerro, pagello, lampuga, pesce pilota, pesce serra, tonno alletterato. Anche il pesce ha una sua stagionalità – ha detto ancora – e scegliere il pesce di stagione significa mangiare pesce locale e non congelato”. Intanto, per orientare il consumatore, Alaska Seafood Italia ricorda che sono cinque le varietà di salmoni selvaggi dell’ Alaska: Reale, Rosso, Argentato, Keta, Rosa. In questo periodo dell’anno è disponibile surgelato in quanto, in Alaska, la pesca è regolamentata da leggi che ne definiscono tempistiche e quantità, e il periodo in cui è possibile consumarlo fresco rimane stabilito da giugno a ottobre. Tuttavia i metodi di lavorazione sono tali da non interferire su qualità e sapore del pescato che, anche surgelato, mantiene inalterata la sua naturalità.
“Non è un caso – ricorda – che il salmone selvaggio dell’Alaska venga chiamato il ‘gioiello del Pacifico’: le sue peculiarità si devono alle acque fresche e pulitissime e alla sua alimentazione, fatta di plancton e piccoli crostacei altrettanto incontaminati”. Altra opzione è il salmone norvegese affumicato a caldo e a freddo con trucioli di legno di faggio lungo le scogliere del fiordo di Oslo, secondo metodi secolari e tecnologie di ultima generazione. Raggiungere i mercati italiani, precisano i produttori e pescatori di Engelsviken, a bordo di camion frigorifero certificati Haccp a temperatura controllata (0-4 gradi) e, nel caso della Troll Salmon, per l’intero ciclo di vita il pesce è cresciuto secondo le rigide leggi Kosher nei 16 migliori allevamenti di Norvegia (certificati da Det Norske Veritas, primo ente certificatore di sostenibilità mondiale). “Sono 60 milioni le persone che nel mondo – ha concluso Alberto Capasso, Legale Rappresentante di Slow Food Campania – lavorano nel settore della pesca e dell’acquacoltura, 17.000 le specie che compongono la biodiversità marina del mar Mediterraneo ma il 33,1% delle specie sono pescate al di là del loro limite biologico sostenibile. E si stima che nel 2050 negli oceani ci saranno, in peso, più rifiuti plastici che pesci”.