Di giornali ne “sfoglia” a decine, tutti i giorni. Ma evidentemente, non li legge. Altrimenti saprebbe che quello che sta commettendo, ormai da molti anni, è un reato: violazione del diritto d’autore. Ma il pirata dell’informazione “inchiodato” da Metropolis con una telefonata in cui ci siamo finti interessati al “servizio” fornito – ben reclamizzato sul web – il problema di violare la legge non se lo pone affatto. Anzi. Per lui, fornire a un costo irrisorio rispetto a quelli di mercato un “abbonamento” a ben 21 testate, è motivo di vanto.
E non sente nemmeno il bisogno di “nascondersi” su canali semi-clandestini, magari chat di Telegram e WhatsApp – dove del resto girano i file pdf scaricati illegalmente anche dalla sua piattaforma – perché nella sua concezione fornire a pagamento (a lui) dei contenuti realizzati da altri (sui quali ricadono invece tutti i costi di produzione, dal personale, alla stampa, alla distribuzione) è un lavoro come un altro. Il “servizio” Chiunque, smanettando su Telegram o WhatsApp, è in grado di consultare e scaricare sul proprio smartphone, già dalle prime ore del mattino, ogni tipo di pubblicazione: quotidiani politici, economici, sportivi, giornali locali, settimanali, riviste e rotocalchi. Del resto, ci sono canali che invitano esplicitamente a “non spendere soldi per i giornali: ci pensiamo noi”. Ma da dove arrivano questi file pirata? E’ presto detto: la maggior parte dei quotidiani e delle riviste consente ai propri abbonati alle edizioni digitali di scaricare anche i file in formato pdf, e quando pure questo non è possibile, basta fare uno “screenshot”, una foto della pagina, e il gioco è fatto. Una volta messe le mani sui file, diffonderli (violando le condizioni di abbonamento) è facilissimo. Ma c’è anche chi lo fa per mestiere. Mascherando la propria attività, in palese violazione del diritto d’autore, dietro il paravento delle forniture di rassegne stampa.
Ma una cosa è fornire, in base alle richieste dei clienti, una selezione di articoli su un determinato argomento, presi da varie testate, e chiedere in cambio di questa attività di selezione un pagamento. Altra cosa è diffondere sic et simpliciter i file di interi giornali – decine di testate, come vedremo – in cambio di un pagamento. Un affare che frutta migliaia di euro. La telefonata Per far capire come funziona, abbiamo trovato sul web una “emeroteca” molto diffusa nella zona di Salerno e della provincia sud di Napoli, quella della A.R. Multiservizi. Fingendoci interessati a un abbonamento, abbiamo chiamato per chiedere informazioni (su metropolisweb.it la registrazione della telefonata). Dall’altro capo del filo risponde un signore, che spiega per filo e per segno come funziona la sua attività: «Sul sito ci sono 21 testate che è possibile consultare o scaricare in pdf. C’è anche un programma di ricerca per parola chiave». Quindi nessuna rassegna stampa: solo la fornitura – a pagamento, ovviamente – delle credenziali di accesso.
«Io non faccio la rassegna stampa – precisa chiaramente – del resto chi la può fare, se non un addetto ai lavori, uno che segue, che conosce le esigenze….». Quanto alla possibilità di consultazione, sembrano non esserci limiti: «Un abbonamento completo consente di accedere a ventuno giornali, che carichiamo ogni mattina intorno alle 8-8.30. Solo la domenica ci può essere una mezz’oretta in più, ma comunque prima delle 9 è già tutto on line». Un lavoraccio… Anche perché alcuni giornali – tra cui Metropolis – non forniscono i pdf nemmeno agli abbonati digitali, proprio per evitare questo tipo di diffusione clandestina. Ma niente paura: neanche questo ferma i pirati dell’informazione. «Per noi è una tragedia – racconta il nostro ineffabile interlocutore – perché siamo costretti (sic!) ad acquistare il giornale la mattina e a scannerizzarlo…».
Il dubbio che così facendo stia arrecando un danno a un’azienda e alle persone che vi lavorano, evidentemente non lo tocca nemmeno lontanamente. O, se mai un pensiero del genere qualche volta l’ha sfiorato, alla fine avrà prevalso l’interesse. Sì, perché il costo del “servizio” («Fornito a molti enti pubblici eh, siamo anche sul Mepa…») è di 2.500 euro l’anno. Non solo: questo pacchetto “full” consente di accedere anche all’archivio, che, a detta del diretto interessato, risale all’anno 2000. Un danno economico enorme per le testate.