Un duro colpo per i filo-Pd, l’ennesimo scossone per il Movimento 5 Stelle. L’attesa riunione degli attivisti campani a Napoli per decidere se correre da soli o con i Dem alle Regionali si trasforma in un netto “no” all’alleanza con il centrosinistra. Non basta la presenza di Roberto Fico. La base campana mette a nudo la profonda spaccatura su cui il M5S rischia di implodere. Una spaccatura che, se da un lato vede una parte dei ministri e dei parlamentari abbracciare la linea – sponsorizzata anche dal premier Giuseppe Conte – del dialogo organico con il Pd, dall’altro vede, in Campania e non solo, gli attivisti navigare in direzione opposta. E in questo quadro, il rientro di Alessandro Di Battista in Italia, tra tre settimane, potrebbe diventare il “jolly” sul quale puntare per chi, nel M5S, non vuole abdicare dalla terza via. Al Ramada Hotel di Napoli vanno in scena almeno 100 interventi, alla presenza, oltre che di Fico, della truppa parlamentare campana al gran completo, della capogruppo Valeria Ciarambino, del candidato alle suppletive Luigi Napolitano.
E fin dall’inizio si capisce l’andazzo. I “buu” seppelliscono i pochi interventi a favore dell’alleanza con il Pd, con o senza Vincenzo De Luca. Perfino Fico finisce nel mirino. Al presidente della Camera viene chiesto di smentire che abbia dato indicazione di votare il candidato del centrosinistra Sandro Ruotolo alle suppletive. “Ma di cosa parliamo? Vuol dire che non ci conosciamo più, anche se ho fondato il Meet up di Napoli a luglio del 2005”, risponde. Ma, tra gli attivisti, è forte il sospetto di essere “traditi” dalla dirigenza del M5S. Non a caso, a finire nel mirino è la stessa piattaforma Rousseau e si chiede a gran voce che al voto sulle alleanze partecipino solo gli iscritti campani, ma a questo punto è possibile che i vertici non precedano neanche ad una votazione.
“Sono venuto qui per ascoltare, deciderà il capo politico”, spiega Fico che, concludendo l’assemblea, sferza gli attivisti: “Possiamo decidere di dimetterci tutti e di stare all’opposizione, ma sono convinto che la fotografia della Campania a giugno non sarà diversa da quello di adesso. Chiediamoci se per il M5S un’altra strada è possibile”. Alla riunione c’era un convitato di pietra: Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri ha scelto di farsi da parte per un po’ ma il “no” al Pd dei campani non può che vederlo d’accordo. Anche perché, spiega un “dimaiano”, “è questo che i nostri elettori vogliono”. E a rafforzare la linea dura c’è la necessità, per il M5S, di difendersi dalla volontà del Pd di cambiare il reddito di cittadinanza. Mentre sul decreto sicurezza il Movimento vorrebbe modifiche non radicali, che si limitino a rispondere alle sollecitazioni del Colle.
Intanto, in vista degli Stati generali si intravede già una sorta di alleanza congressuale tra l’ala parlamentare filo-Pd e il “gruppo romano”. Un’alleanza che potrebbe portare Paola Taverna a candidarsi come leader. Ma una parte ancora maggioritaria sostiene la linea della “terza via”. La linea che vede Di Maio e Di Battista navigare forse nella stessa direzione. Il loro rientro in campo, nelle prossime settimane, renderà tutto più chiaro.