«Di fronte a una patologia o malattia che non consociamo e che si diffonde nel territorio la paura è non solo un fatto possibile ma direi anche un fato normale: ma essa deve servirci a mettere in attenzione le persone. La paura ci servirà a farci adottare comportamenti e stili di vita corretti per non rischiare di più». Francesco Saverio Faella, infettivologo, primario emerito dell’ospedale Cotugno di Napoli, in questi giorni sta tenendo conferenze e incontri per parlare alle comunità.
Professore la paura va bene, dunque. Cosa invece non va bene?
«Il panico, cioè la paura della paura. Andrebbe sempre evitato. Il momento è difficile ma lo supereremo, anche se con qualche difficoltà, come abbiamo superato altri. Spero che con la primavera, che quest’anno non sarà maledetta ma benedetta, arriverà la fine dell’epidemia. Perché anche il coronavirus, come ognii malattia, ha i suoi destini, anche quelli stagionali».
E’ vero che però ora dobbiamo parlare di un’epidemia molto estesa?
«In effetti siamo in un momento molto delicato del processo epidemiologico. Dobbiamo anche precisare che, fortunatamente, vi è un tasso basso di mortalità. E’ chiaro, però, che se noi facciamo il paragone tra una polmonite che può colpire una persona nell’arco di una vita e il coronavirus, la prima avrà casi sporadici in un ambito epidemico, mentre il secondo avrà una mortalità da tenere presente. Comunque, l’Oms, dice che si manifesta in maniera lieve e moderata nell’80% dei contagiati, solo il 20% invece in forma grave. Così come è logico che le fasce a rischio siano pazienti anziani».
C’è un’altra nota positiva: non sembra attecchire sui piccoli.«Certo. E questo lo dicono i casi: sono stati pubblicate 4 casistiche che evidenziano come non vi siano giovani o giovanissimi tra i contagiati. La maggiore parte dei contagiati sono soggetti tra i 45-50 anni e oltre i 70 anni. Questo ci fa capire che i bambini sono meno coinvolti nella catena epidemiologica. Oppure perché la malattia si presenta in loro in modo così lieve o inapparente. Non è solo nel coronavirus: se pensiamo all’epatite A che nel bimbo non si nota quasi, negli adulti è molto pericolosa».
Il governo parla di misure drastiche. E’ giusto?
«Certo che sì. E le dico anche che, in situazioni come queste, non si possono evocare di fronte a queste misure drastiche rischi di razzismo. Sono fuori posto. Chiunque viene da zone a rischio deve essere messo in quarantena, isolato».
Per un vaccino i tempi sono lunghi?«Assolutamente sì. Prima bisogna capire quale parte del virus sia utile. Poi, c’è la parte chiamata safety della somministrazione del vaccino. Assicurarsi che non faccia male».