Da cinque giorni chiusi in casa, con sintomi “simil influenzali”, contatti diretti avuti con persone positivi al Covid-19 e nessuna risposta sul tampone che è stato effettuato loro. E’ l’odissea di Monica (nome di fantasia) professionista scafatese mamma di due ragazzi ventenni. La donna ha avuto contatti diretti con alcuni componenti del nucleo familiare di 5 persone risultate positive al coronavirus, ed accusando sintomi, si è messa in isolamento volontario con i figli. Tutti e tre saranno sottoposti al tampone nella tarda mattinata di lunedi, da allora è solo un crescendo di ansia e tensione. I sintomi sono gestibili, ma ciò che preoccupa la famiglia non sono tanto le loro condizioni, ma i tanti contatti sociali avuti fino a poche ore prima la “scoperta” della positività di quella famiglia che loro conoscevano bene. A stare in ansia per quei risultati sono decine di persone, il datore di lavoro della professionista, i familiari e i tanti amici dei due ragazzi. Comprensibile la tensione dei tre congiunti. Passano 24 ore, poi 48, tre giorni, quattro giorni. La donna scrive anche al primo cittadino nella giornata di giovedi. Cristoforo Salvati inoltra la segnalazione alla Protezione Civile Regionale, da dove arrivano i risultati dei tamponi. Non c’è risposta. “Contatto allora il medico della Asl che segue questa emergenza – racconta Monica – e mostra il nostro stesso stupore per quanto sta accadendo”. Sarà il medico di famiglia a chiamare la direzione sanitaria del reparto infettivo dell’ospedale Cotugno e con sorpresa scoprirà che quei tre tamponi non ci sono, al Cotugno non sono mai arrivati. In un crescendo di rabbia e tensione l’epilogo arriverà nel pomeriggio, quando i tre tamponi spunteranno fuori al Ruggi D’Aragona di Salerno. La tensione però non cala: “aspettiamo i risultati” sussurra Monica. Sperando di mettere la parola fine, nel migliore dei modi.
CRONACA
14 marzo 2020
«Io, a contatto coi contagiati di Scafati. Aspetto i risultati da 5 giorni»