Nei pronto soccorso della Campania si respira quotidianamente un clima infernale. Notte e giorno, medici e infermieri, nonché gli operatori di pulizia, girano di corsa tra i vari reparti. Si consultano, si aggiornano, cercano di tranquillizzare chi arriva disperato convinto di aver contratto il coronavirus. Più volte sono costretti pure a subire le minacce. Rientrano a casa esausti, alcuni preferiscono non baciare nemmeno i propri figli per paura di infettarli. Un dramma nel dramma che ormai ogni giorno si vive negli ospedali di Napoli e provincia, dove i contagi continuano ad aumentare insieme alle denunce dei pazienti che invocano procedure più svelte. I tempi degli esiti dei tamponi faringei – che per forza di cose sono stati ormai ridotti ai soli sintomatici più gravi – sarebbero troppo lunghi. Colpa di un personale sanitario ridotto all’osso, della mancanza dei kit diagnostici necessari, nonché di idonei laboratori specializzati nell’analisi dei campioni. Senza dimenticare che le strutture ospedaliere non sono sufficienti, tant’è che il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha annunciato l’apertura di due nuovi presidi tra il Moscati di Avellino e il Ruggi di Salerno oltre al Cotugno. C’è chi ha atteso pure una settimana prima di conoscere l’esito del test. E poi c’è l’incubo dei positivi ai quali non viene sottoposto il tampone e che, non palesando febbre o tosse, continuano a girare in città perché convinti di non aver contratto il virus. Invece non fanno altro che incrementare il numero dei contagiati che ormai in Campania ha superato i 200 casi, oltre ai 107 costretti all’isolamento domiciliare. Appena 1700 invece i tamponi sottoposti ai pazienti. Un numero destinato a generare nuove polemiche, alla luce dei mancati test tra chi è stato a stretto contatto coi positivi. Nelle ultime ore è pure arrivato forte l’allarme di una esperta circa la scarsa tracciabilità dei casi positivi in Italia. Un fatto che provocherebbe nel nostro Paese una letalità «fino a 12 volte maggiore rispetto alla Corea del Sud: a contribuire a questo tragico primato sono l’eterogeneità dei trattamenti in tutto il territorio e la scarsa tracciabilità dei casi positivi asintomatici a cui non viene effettuato il tampone nonostante siano stati a stretto contatto con uno o più pazienti accertati, contribuendo in modo inarrestabile alla crescita del contagio». Questo il monito dell’Associazione Mondiale delle Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid), presieduta da Susanna Esposito. «Diagnosi precoce, isolamento e trattamento sono i cardini per tenere a bada l’epidemia. Ma la tracciabilità si rivela fondamentale – ha ricordato Esposito in una nota, anche Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Parma -. I positivi asintomatici o con pochi sintomi continuano a mantenere alta la circolazione del virus e recenti dati pubblicati su The Lancet dimostrano come la mediana dell’eliminazione virale sia di 21 giorni e non di 14 giorni. Ciò significa che una parte di positivi in Italia circola liberamente perché non sa di essere positiva e un’altra parte esce di casa ancora positiva dopo la quarantena domiciliare di 14 giorni perché nessuno controlla che il tampone si sia negativizzato. Ritengo sia corretto invitare la popolazione a stare a casa, ma non basta. È essenziale che ai contatti stretti di casi positivi sia effettuato il tampone per la ricerca di Covid-19, cosa che finora è avvenuta in una assoluta minoranza di situazioni. Inoltre, molto importante è rivedere, e continuamente aggiornare a seconda delle evidenze progressivamente disponibili, la modalità di trattamento, che ad oggi risulta essere differente tra un centro e l’altro».
CRONACA
14 marzo 2020
Virus, il caos dei tamponi: «Sono pochi e lenti, mortalità sfalsata»