Circa tremila detenuti con meno di 18 mesi di pena potranno uscire dal carcere per scontare ai domiciliari il residuo di condanna, secondo quanto previsto dal decreto Cura Italia. Insorgono le opposizioni, Lega in testa: “è un indulto mascherato che premia i rivoltosi”. Contrari anche i sindacati di polizia, che parlano di “rabbia e voglia di dimissioni” tra gli agenti penitenziari. Mentre alcuni magistrati segnalano il problema tecnico di dove mandare i detenuti senza casa.
Non c’è ancora il testo ufficiale del provvedimento messo a punto dal Governo, ma l’ultima bozza circolata stabilisce all’articolo 119 (“Deroga alle disposizioni in materia detentiva”) che la pena è eseguita “presso l’abitazione del condannato” se non è superiore a 18 mesi. Se la pena è superiore a 6 mesi sarà applicato il braccialetto elettronico. Sono esclusi dal beneficio – in vigore fino al prossimo 30 giugno – “delinquenti abituali, professionali o per tendenza”, quelli coinvolti nelle rivolte dei giorni scorsi, i condannati per stalking e reati gravi. L’articolo 120 estende inoltre fino al 30 giugno le licenze a chi si trova in regime di semilibertà. Dopo le rivolte dei giorni scorsi che hanno provocato ben 13 morti, una settantina di evasi- tornati tutti in carcere ad eccezione di 3 ancora in fuga- ed ingenti danni alle strutture, il provvedimento punta ad alleggerire il sovraffollamento degli istituti ma scatena forti polemiche. “In un momento in cui bisogna evitare i contagi, stare a casa se non per per andare a far la spesa o in farmacia, fare uscire dal carcere alcune migliaia di detenuti prima del previsto non mi sembra né utile né simbolicamente accettabile per le persone perbene”, attacca il leader della Lega, Matteo Salvini, che promette: su amnistie mascherate o svuota carceri mascherate mai ci sarà il consenso della Lega”. Il senatore Maurizio Gasparri (Fi), parla di “scelta molto grave, soprattutto dopo le rivolte in atto. Le eccezioni stabilite non sono sufficienti. Aumenteranno i pericoli per i cittadini. Piena solidarietà alla polizia penitenziaria, a tutte le forze di polizia e alle forze armate”. Da parte loro, i poliziotti sono sul piede di guerra.
I detenuti, accusa Federico Pilagatti del Sappe, “iniziano a monetizzare il premio per aver distrutto tante carceri”, ma tra i colleghi c’è “rabbia” ed in tanti “starebbero valutando di presentare in massa richiesta di dimissioni”. Il segretario del Coisp, Domenico Pianese, fa notare che “l’ipotesi di ricorrere in modo più massiccio alla detenzione domiciliare è irrealizzabile”, perchè “significherebbe che le forze di polizia dovrebbero occuparsi anche dei maggiori controlli domiciliari e in questo momento, con il sistema-sicurezza del Paese fortemente sottoposto a stress, non è possibile”.
Per il Sap, che dà la notizia di 15 agenti carcerari positivi al Coronavirus, il Cura Italia “legittima le rivolte”. La maggioranza difende invece la misura. Walter Verini, responsabile giustizia del Pd, ricorda che “il sovraffollamento carcerario è oltre i limiti della sicurezza come si è visto nei drammatici giorni delle rivolte. Per questo va affrontato con la necessaria determinazione dal Ministro. Esponenti politici che si oppongono anche a queste prime misure, che soffiano sul fuoco, che incutono e fomentano paure, si assumono davvero pesantissime responsabilità”. Francesca Businarolo (M5S) definisce “penosi” gli attacchi al ministro Bonafede e sottolinea che “non sono previsti sconti di pena”. Il Partito radicale va oltre e chiede “indulto e amnistia”.