Una febbre neanche troppo alta e un sospetto: la paura, e forse anche la certezza, di aver contratto il Covid. Non è un singolo caso quello capitato allo specializzando in Ostetricia e Ginecologia del Policlinico di Napoli, perché i camici bianchi restano i più esposti al contagio. In prima linea per aiutare gli altri ma ad aiutare loro ci sono dispositivi blandi. E un medico che si ammala e può mettere a rischio colleghi e pazienti deve avere anche la prontezza di rinunciare: rinunciare al lavoro e alla famiglia. E’ quanto ha fatto Antonio, 29 anni residente a Gragnano, che si è auto isolato appena il termometro ha superato i 37 gradi. Un medico pendolare che da Napoli, nel fine settimana, ritornava a Gragnano per far visita ai familiari. Ma soltanto lunedì 9 marzo 2020 si sono presentati insistenti i sintomi di una influenza sospetta, a cui si è dato poi il nome: Coronavirus. «Solo questa domenica (15 marzo 2020) ho avuto i risultati del tampone effettuato la scorsa settimana, quando ho denunciato di avere dei sintomi sospetti. Nulla di estremamente preoccupante, ma solo una febbre che al massimo raggiungeva i 38 gradi di temperatura. Fin da subito – spiega Antonio, con grande responsabilità – ho deciso di allontanarmi dal posto di lavoro, soprattutto dai miei familiari e amici che sono a Gragnano. Avvisati tutti, nonostante nessun sintomo riscontrato a oggi, hanno preso le dovute precauzioni rispettando le regole e la conseguente auto-quarantena». Una notizia che 24 ore fa ha fatto tremare la città della pasta e le reazioni non sono state delle migliori. Una caccia all’untore fuori controllo che è partita dopo il post social divulgato dal sindaco Paolo Cimmino. Commenti inopportuni e, per fortuna, anche cittadini moderati che ben hanno replicato a chi aveva puntato il dito contro il medico infettato, o ancor più sconvolgente contro la famiglia. «I medici e gli infermieri sono a diretto contatto con gli ammalati sempre e quotidianamente. Ancor di più in questa fase emergenziale per i contagi da Coronavirus. Tutti noi che siamo costantemente nei presidi ospedalieri abbiamo messo in conto un possibile contagio da Covid – racconta Antonio, dalla stanza del suo monolocale a Napoli – L’unico modo per aiutarci e aiutarvi è cercare di restare a casa e permetterci di gestire l’emergenza, evitando di aumentare i contagi». E proprio per evitare un possibile contagio, Antonio ha immediatamente lasciato il reparto di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico di Napoli, isolandosi nell’appartamento in affitto della città partenopea non appena ha avuto il sentore di poter aver contratto il virus. Lontano dai familiari. Solo a combattere un nemico invisibile che, per molti aspetti, è ancora sconosciuto. Una scelta drastica dettata dalla responsabilità che ogni medico, ogni operatore sanitario ha intrinseca nel bagaglio culturale. «E’ sicuramente più difficile restare isolato e lontano dagli affetti, un carico psicologico maggiore – commenta Antonio, che ha lasciato il suo camice negli spogliatoi del Policlinico – Adesso indosso un pigiama e controllo la febbre, nulla di più. Alcuni colleghi sono riusciti a consegnarmi la spesa e le medicine, poi durante il giorno i miei genitori, ma anche gli amici, cercano di sostenermi con telefonate e videochiamate». Una fragilità che viene fuori, sotto un camice che, in corsia, è un punto di riferimento, è simbolo di coraggio. Invece si cade e, talvolta, si è soli. Antonio è tra i 10mila casi in Italia che si sta curando a casa, perché i sintomi da Covid sono lievi e non certo preoccupanti. Contagiato, probabilmente, da un primario del reparto Medicina Infettiva del Policlinico, il 29enne di Gragnano ben sapeva «che questo momento sarebbe arrivato. E’ già trascorsa una settimana dall’inizio del mio isolamento e, a oggi (ndr), la situazione è stazionaria, per fortuna nulla di preoccupante. Solo linee di febbre che ancora persistono», conclude lo specializzando del reparto Ostetricia e Ginecologia del Policlinico di Napoli.
CRONACA
17 marzo 2020
Il medico contagiato di Gragnano: «I rischi del mestiere» . Famiglia in quarantena