I tempi d’attesa per un tampone si allungano, a volte anche 3-4 giorni prima che il personale sanitario intervenga per eseguire l’analisi ordinata dal Dipartimento di Prevenzione. Stesso discorso per l’esito del tampone che arriva mediamente dopo 72 ore. Ritardi che rischiano di falsare i dati sui contagi e sui decessi in Campania, e quindi anche di vanificare interventi mirati per provare ad arginare la diffusione del virus, soprattutto all’interno degli stessi nuclei familiari. All’inizio la difficoltà è stata quella di avere un solo laboratorio, quello dell’ospedale Cotugno di Napoli, a verificare i tamponi che arrivavano dall’intera Regione. L’attivazione di laboratori d’analisi al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno e all’ospedale Moscati di Avellino ha alleggerito il lavoro dei medici di Napoli, ma non basta considerato l’aumento dei contagi.
Dall’inizio della settimana prossima dovrebbe essere pronto anche il laboratorio di analisi di Nola, che dovrebbe consentire di accorciare i tempi anche per l’Asl Na 3 Sud. La Regione Campania, nel frattempo, ha deciso di acquistare e utilizzare i test rapidi per avviare una campagna di screening di massa. “Antibody Determination Kit” è stato utilizzato con successo in Cina. I kit ordinati sono un milione e saranno utilizzati su pazienti sintomatici, in particolare nella fase pre-triage. Consentono di avere un risultato non certo ma altamente probabile sull’eventuale positività del paziente, e saranno utili nella gestione dell’emergenza. Proprio la gestione dei tamponi però sta scatenando anche polemiche politiche. «La Campania, con lo 0,04 per cento di popolazione sottoposta ai tamponi, resta purtroppo ultima in Italia per numero di prelievi.
Troppo pochi per garantire dati affidabili e contromisure adeguate. Capisco sforzi e le difficoltà ma è necessario e urgente fare molto di più», ha detto nella giornata di ieri il capogruppo regionale campano di Forza Italia Armando Cesaro. Contesta i ritardi, invece, la capogruppo del Movimento Cinque Stelle, Valeria Ciarambino: «Casi gravissimi di giovani o anziani, se non di intere famiglie anche con bambini piccoli, che hanno atteso o che ancora attendono a casa per giorni e giorni con febbre alta, tosse acuta e problemi respiratori. Un fenomeno certamente riconducibile, oltre che alla carenza di tamponi, a una procedura farraginosa che caratterizza soltanto la Campania.
La nostra è infatti l’unica regione nella quale un potenziale contagiato è tenuto a contattare il medico di base o la guardia medica che, dopo consulto telefonico, invia le richieste di tampone al Dipartimento di prevenzione dell’Asl, che a sua volta le rigira al 118 che dovrà ottemperarvi assieme alla gestione delle emergenze ordinarie. In altre regioni è lo stesso Dipartimento d’igiene che, presa in carico la segnalazione, dispone immediatamente il tampone domiciliare». Sul fronte dell’accertamento di casi di persone affette da virus Covid-19, c’è da fare i conti anche con il personale medico e infermieristico impegnato in prima linea a fronteggiare l’emergenza.
«Sono oltre duemila gli operatori sanitari contagiati nell’esercizio delle proprie funzioni, operatori risultati positivi al Covid-19», denunciano Lorenzo Medici e Luigi D’Emilio, rispettivamente segretario Cisl Fp Campania e segretario Cisl Fp Napoli e area metropolitana. «In linea con le ultime direttive dell’Organizzazione mondiale della Sanità– dichiarano – chiediamo che con la massima urgenza vengano effettuati tamponi a tutto il personale sanitario».