Mancano tute e mascherine, medici e infermieri in fuga dall’ospedale anti-Covid 19. E’ angosciante la situazione vissuta in corsia dal personale del “Sant’Anna e Maria Santissima Della Neve” di Via Lenze a Boscotrecase. Ovvero il principale presidio sanitario, scelto domenica scorsa dalla direzione strategica dell’Asl Napoli 3 Sud per la lotta contro il Coronavirus. Una sorta di guerra ideale, che però medici e infermieri qui continuano a combattere senza armi. «L’ultima notte è stata drammatica», racconta un infermiere che ha appena finito il turno di lavoro.
Sono le otto del mattino. E Metropolis raccoglie le voci di dentro, quelle che provengono dalla “pancia” di un ospedale diventato forse troppo frettolosamente strategico. Dunque, ad oggi, sguarnito e indifeso. Come i suoi medici e infermieri. Che ora iniziano a studiare efficaci escamotage per abbandonare la trincea. In due, infatti, sono già in malattia. «Vista la situazione attuale e i rischi ai quali siamo esposti, credo che in molti ricorreranno a ogni mezzo per non andare a lavorare.
Tra congedi parentali e malattie ci saranno parecchie diserzioni», prosegue, alle otto del mattino, lo stesso infermiere che ha appena fatto il suo dovere. E che nel suo racconto continua, denunciando le probabili cause di un possibile e più ampio ammutinamento. «Siamo senza la minima tutela. A Boscotrecase, i sanitari rischiano sul serio di essere contagiati dai pazienti affetti dal virus. Ho personalmente assistito all’ultimo colmo. Gli infermieri che hanno fatto la notte al pronto soccorso non hanno potuto smontare dal turno di lavoro. Mancavano le tute anti-contagio e di ricambio per il personale montante. Tutto questo è semplicemente assurdo. Qui stiamo rischiando la vita».
La denuncia resta anonima. Come le altre, numerose, che da tre giorni trapelano dalla “pancia” dell’ospedale in guerra. Medici e infermieri hanno voglia di parlare. Di metterci la faccia, esporsi. Ma non possono. Perchè «una circolare interna della direzione sanitaria», continua un medico che lavora nel presidio vesuviano anti-Covid 19 «ci ha tassativamente vietato di rilasciare interviste ai media e ai giornalisti». Chi infrange il silenzio stampa, un diktat tanto più anacronistico ai tempi del Coronavirus e dei post che viaggiano sui social network e attraverso il web, potrebbe essere trascinato davanti alla commissione disciplinare. «Per poter parlare con la stampa», svela un altro infermiere «occorre un’autorizzazione preventiva». Eppure il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che dal 2013 regola la materia dei rapporti con la stampa, non menziona alcuna necessità del preventivo ok. Ma tant’è.
Il diario di bordo dalle corsie in trincea, qui a Boscotrecase, continua a essere stampato in forma anonima. E’ quella «più sicura». Però ugualmente veritiera ed efficace. A tratti cruda. «Due colleghi hanno preferito mettersi in malattia, avevano paura del contagio», racconta una giovane sanitaria «perchè i kit di protezione non bastano per tutti». Mascherine, tute e guanti insufficienti. Come il sapone. Nell’ospedale in guerra contro il Covid-19 mancherebbero addirittura l’acqua e gli snack per il personale.
«I distributori sono vuoti», denunciano altri sanitari in forma rigorosamente anonima «ieri era finito pure il disinfettante al pronto soccorso». Un pronto soccorso interamente “requisito” – come del resto i 6 reparti dell’ospedale di Via Lenze – per accogliere persone infette o potenziali contagiati. Sono 12 i pazienti attualmente ricoverati in pronto soccorso. Qui i posti letto disponibili, in totale, sono 14. Il percorso per l’utenza è obbligato: pre-triage nella tensostruttura esterna, poi accesso al pronto soccorso.
«Dove in media stiamo accogliendo al giorno fino a dieci persone. Tutte lamentano problemi respiratori, tosse secca e una leggera febbre», racconta un medico in trincea contro il Coronavirus. I pazienti sono inizialmente sistemati al piano terra e in attesa poi di essere smistati presso la terapia intensiva o sub intensiva. Un reparto decisivo per sconfiggere la pandemia e da ieri suddiviso tra il secondo piano dell’ospedale, proprio accanto alla medicina d’urgenza, e il terzo. Dove invece la terapia intensiva ha preso il posto della sala operatoria e del reparto di cardiologia. «Ma non siamo preparati, mancano rianimatori esperti, poi pneumologi», racconta un ultimo infermiere.
Nel frattempo, la direzione strategica dell’Asl Napoli 3 Sud sta provando a correre ai ripari. Atteso entro la fine della settimana l’arrivo a Boscotrecase di circa 100 caschetti di protezione, oltre a tute e calzari anti-contagio per i sanitari. Per fronteggiare la carenza di personale e le prime defezioni è stato implementato almeno l’organico degli infermieri. In 13 infatti quelli dirottati a Boscotrecase, attingendo dalla graduatoria dell’ultimo concorso valido per l’ospedale Cardarelli di Napoli.