L’arringa via computer. La sentenza inviata con una mail. L’esame dell’arrestato eseguito attraverso una piccola webcam collegata al computer di un commissariato o di una caserma. La giustizia del futuro è oggi. Il Coronavirus, la più grande emergenza sanitaria degli ultimi 100 anni, sta dando vita alla rivoluzione digitale dei processi. Un cambio di passo obbligato. In queste settimane è partita la sperimentazione in Lombardia, la regione focolaio del contagio in Italia. Per evitare contatti e assembramenti nei tribunali – uno dei luoghi più sensibili al rischio di contrarre il virus – sono state organizzate udienze in rete, con giudici, avvocati e imputati che si danno battaglia dietro a un pc.
Uno strumento utilizzato nel processo penale per i procedimenti con rito direttissimo: cioè quelli che riguardano persone appena arrestate. E anche se a Torre Annunziata i casi di contagio si contano sulle dita di una mano – ad oggi sono due, tra cui il parente di un cancelliere – il presidente del palazzo di giustizia, Ernesto Aghina, ha deciso di applicare il “modello” del tribunale virtuale anche qui. Una decisione coraggiosa. Torre Annunziata, infatti, sarebbe il primo tribunale del Sud e il terzo in Italia (dopo Milano e Piacenza) a scegliere di percorrere questa strada.
«Siamo al lavoro per elaborare un protocollo d’intesa assieme alla procura, agli avvocati e alla polizia giudiziaria – afferma Aghina – A breve organizzeremo anche alcune simulazioni per sperimentare la validità e la fattibilità del progetto. L’obiettivo è di partire il prima possibile con i processi per direttissima». Ma in cosa consiste davvero questo processo “virtuale”? Quali saranno le principali modifiche rispetto alla “liturgia” classica di questo genere di procedimenti? In sostanza cambia poco. Tutto si svolgerà allo stesso modo, con la stessa prassi. C’è solo una piccola, grande differenza: tutte le parti in causa – dall’imputato al pm passando per giudice e avvocato – avranno la possibilità di agire da “remoto”. Connessi online da qualsiasi luogo attraverso un programma già da tempo a disposizione del Ministero della Giustizia.
Si chiama Microsoft Teams. Un sistema di videochat professionale, usato in particolare dalle grandi aziende, che consente di aprire conferenze e discussioni con centinaia di interlocutori diversi contemporaneamente. Il programma prevede anche la trasmissione immediata di atti di qualsiasi dimensione nel giro di pochi secondi. Funziona come una normalissima chat da cellulare ma è centinaia di volte più potente. Gli stessi cancellieri potranno svolgere il loro lavoro comodamente da casa, solo grazie a un computer sul quale è installata la famosa applicazione.
Uno strumento che potrebbe persino abbattere i costi del sistema giustizia. La fase sperimentale, come ribadito dal presidente del tribunale, partirà nel giro di qualche giorno. «Ci stiamo attrezzando soprattutto per salvaguardare i diritti degli imputati – ribadisce Aghina – Stiamo ipotizzando anche di dotare del programma le strutture di polizia giudiziaria. In questo modo tuteleremo la salute dell’arrestato». E se ci saranno intoppi o dovesse saltare la connessione allora si tornerebbe all’antico. Tutti in aula, a distanza di sicurezza e magari con le mascherine, per celebrare il processo dal vivo.